La magia della neve a Cagliari, il ricordo del fotografo Emanuele Cioglia 40 anni dopo

di Manuela Vacca

Quando una coltre bianca cadde sul capoluogo di Sardegna il fotografo professionista e scrittore Emanuele Cioglia, oggi impegnato nella sua città come consigliere comunale, aveva 14 anni appena compiuti. Era il 9 gennaio 1985. Si rivede con tenerezza in alcuni scatti del padre Stefano, in viale Buoncammino, mentre esplorava infreddolito quel miracolo candido insieme al suo fidato pastore tedesco.

Il risveglio fu silenzioso per i cagliaritani. Onirico, persino, quando guardarono fuori dalla finestra. I giovani, nonostante le temperature rigide, passarono la giornata in giro a giocare. Qualcuno indossava un passamontagna dato dai genitori e si sfidava in battaglie di palle di neve o nel realizzare qualcosa di estremamente raro per Cagliari: un pupazzo di neve.

“Aveva iniziato a fioccare la sera prima sotto un cielo rosa e poi non aveva mai smesso – racconta – . Ero sceso verso le 22 con Luca, il mio fratello minore di tre anni, per andare in via Azuni. C’erano tanti ragazzi in giro sino a mezzanotte. Si guardavano attorno stupiti con la speranza che non smettesse”.

Un fatto emozionante per tutti. “Nostro babbo – prosegue – la notte non volle illudere me e mio fratellino Luca, e ci disse: sta nevischiando, vedrete che non si deposita, pioverà, non illudetevi. Insomma, ebbe un atteggiamento razionale. E invece, allora, vinse l’irrazionale, romantica, voglia di neve di chi non si arrendeva ai numeri e le probabilità”. Per fortuna di tutti coloro che avevano occhi per meravigliarsi, la mattina seguente vinse il desiderio: “Era bianco ovunque, aveva continuato tutta la mattinata ed era rimasto bianco tutta la notte”.

Emanuele Cioglia ha memoria di un traffico tramortito, di veicoli che slittavano nel tentativo di arrivare da largo Carlo Felice a via Santa Marghertita. Quello che succedeva in via Roma lo ricorda bene Vittorio Fiori, all’epoca militare in Capitaneria di porto. “Anche adesso sorrido al pensiero dello sferragliare sul lastricato delle vetture che si erano attrezzate di catene da neve”, riferisce a Sardinia Post. “Mi aveva fatto ridere perché in quel punto non servivano. Venivo da Tempio ed ero abituato a ben altra neve che, sì, ci faceva saltare davvero la scuola. Vedere questi mezzi impazziti con le catene mi diverte ancora”.

I giri attraverso il manto bianco erano una continua sorpresa. “Molti di noi sono andati a giocare nel campetto di via Fara anche se avevamo i piedi fradici e ci stavamo assiderando – continua Cioglia –. Tornai a casa a cambiarmi le scarpe all’ora di pranzo”. Scelse di salire a Buoncammino per godere dello spettacolo con il suo cane. “Sembrava sotto la nebbia, più unico che raro”, afferma. Aveva poi rivolto lo sguardo verso il carcere: “Era spettrale. Non penso che i carcerati non se la siano passata bene. Nemmeno nelle case c’erano infissi adeguati a quel freddo”.

Con il padre arrivò sino a Monte Urpinu. Deve cercare nei cassetti le immagini di quel giorno. In quel periodo aveva già una sua macchina fotografica e iniziava a fare i primi scatti. Ecco che ne emerge uno della successiva nevicata del 1992. Allora riprese dalla finestra la villa di Tigellio imbiancata. Nella foto spicca “l’effetto di cristallizzazione di un colpetto di flash sui fiocchi di neve”.

Scatto, stavolta del 1992, di Emanuele Cioglia sulla villa di Tigellio

Dall’alto di Monte Urpinu poteva spaziare su Cagliari. “Il primo aggettivo che mi venne in mente? Incantevole. Osservavo il contrasto forte di una città di mare imbiancata in quel momento. Era qualcosa di magico, anche dal punto di vista fotografico vedere i casotti imbiancati o l’anfiteatro romano. Mi ricordo un velo di tristezza perché la neve si sarebbe sciolta. Desideravamo – conclude Emanuele Cioglia – che quello scenario continuasse ancora”.

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