La difesa del padre-assassino: “Temevo che mio figlio fosse armato”

Muto, apparentemente calmo, in realtà sotto shock. Ezio Murtas, l’ottantenne che ieri a Escolca ha ucciso alla fine dell’ennesima lite il figlio tossicodipendente, mentre era nella caserma di Gergei ha detto solo una frase. Che appare anche l’embrione di un’autodifesa: “Matteo mi aveva minacciato, mi ha detto che aveva una pistola”.

Questa dichiarazione prefigura la tesi della “legittima difesa putativa”, una situazione che si configura quando chi ha agito aveva delle buone ragioni per temere per se stesso e per la propria incolumità. Ma sul corpo di Matteo Murtas non è stata trovata alcuna arma. Né è stata trovata all’interno dell’abitazione. Dove, invece, sono stati trovati alcuni grammi di eroina e di metadone.

La tossicodipendenza di Matteo era all’origine dei continui litigi col padre. Lo studente modello (era noto per la sua memoria: ricordava le capitali di tutti gli stati del mondo), in pochi anni si era messo nei guai con la giustizia, aveva subito due arresti per reati legati alla detenzione e allo spaccio. E mai aveva trovato un lavoro stabile. Nè aveva accolto gli insistenti inviti del padre a rimettere la testa a posto e prendere in gestione un bar di roprietà della famiglia.

La situazione era perfettamente a conoscenza dei carabinieri. In più occasioni Ezio Murtas, accompagnato dalla moglie, si era recato nella caserma per segnalare i comportamenti del figlio e in particolare le minacce legate alle continue richieste di denaro.

Intanto dovrebbe slittare a mercoledì, la convalida dell’arresto per il pensionato. Oggi il pubblico ministero Alessandro Pili ha firmato gli atti del fermo che saranno spediti al Gip, chiamato appunto a decidere sul destino di Murtas.

Sui contorni della tragedia pare invece che non ci siano più dubbi: a uccidere il ragazzo sono state le due fucilate al petto, sparate dal padre dopo l’ennesimo litigio. Per paura che il figlio fosse armato, ha raccontato l’uomo arrestato con accusa di omicidio volontario.

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