Infermieri sardi sul piede di guerra. Protesta Nursind: “Turni massacranti”

Molti indossano una pettorina con la scritta “Nei festivi lavoro gratis”. E poi striscioni, bandiere e slogan urlati al megafono. Infermieri in piazza questa mattina davanti al Consiglio regionale. Da tutta la Sardegna a Cagliari perché, dicono, in corsia il numero degli infermieri non è proporzionato a quello dei pazienti. “Turni massacranti e non retribuiti il giusto. Con un duplice esito – spiega Fausta Pileri, sassarese, vice coordinatrice regionale del Nursind e rappresentante nazionale – da una parte bisogna considerare lo stress psicofisico dei lavoratori, dall’altra, in questa situazione di emergenza sanitaria, occorre valutare i rischi che corrono i pazienti”.

Il problema, dunque, sottolinea il coordinatore regionale del sindacato di categoria, Fabrizio Anedda, “è la carenza di personale. Aspettiamo da due anni un concorso pubblico – denuncia – La situazione era problematica prima del Covid, ora è inaccettabile. Troppe lungaggini anche per le stabilizzazioni”. Da più di un anno, ricordano i rappresentanti del NurSind Region, è stata richiamata l’attenzione delle istituzioni, a diversi livelli.

“La gestione della gravissima pandemia che ha colpito anche la nostra regione – argomenta Anedda – ci ha fatto desistere dal portare avanti lo sciopero preannunciato, perché questa azione avrebbe danneggiato ulteriormente i pazienti e i professionisti sanitari, che si sarebbero trovati a sostenere un enorme lavoro in condizioni ancor più critiche. Questo ci è sembrato quantomeno inopportuno”.

“Nonostante questo – attacca la sigla – ci siamo ritrovati a essere ignorati e schivati dalle istituzioni regionali, che si rifiutano di convocare il maggior sindacato di categoria infermieristica dell’isola”. Clima di incertezza. “Esiste una grande confusione riguardo alle prestazioni aggiuntive richieste alle professioni sanitarie: non si conosce esattamente la retribuzione e la diversificazione delle stesse, e non si ha certezza della copertura finanziaria preventivata dalle diverse aziende”.

Il futuro? “Un problema che non trova soluzione o prospettiva di miglioramento – accusa il sindacato – davanti alla carenza preesistente e visti i recenti e prossimi pensionamenti, abbiamo una formazione di neolaureati che non superano i 230 l’anno contro un’uscita notevolmente superiore”.

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