In Sardegna “il welfare è all’anno zero”. A Cagliari la 1° tappa di un progetto nazionale

“Può la Sardegna, regione record per abbandoni scolastici e sussidi, continuare a tenere ai margini il Terzo settore? No, se vuole dare risposte reali ai bisogni”. Di questo si sta parlando a Cagliari nell’evento ‘Sardegna, welfare anno zero. Come ripartire‘, un progetto curato dalla testata Vita che sta pubblicando una collana chiamata Geografie meridiane in cui viene fatto il punto sulla situazione dell’associazionismo in Italia.

La nostra Isola sta facendo da apripista con il libro-inchiesta ‘Sardegna, il sociale isolato’, scritto dal giornalista Luigi Alfonso, il primo della collana. La scelta della Sardegna non è casuale: nella nostra regione il momento è difficilissimo, più che in altre: nelle ultime settimane, non a caso, sono esplose le proteste di sindacati, centrali cooperative (che rappresentano centinaia di strutture sociosanitarie e socioassistenziali) e Coordinamento delle comunità terapeutiche. Il sistema è al collasso per le spese sostenute negli ultimi due anni e mezzo nel contrasto alla pandemia: l’acquisto dei dispositivi Dpi, per esempio, è stato interamente a carico loro e soprattutto le tariffe sono ferme a undici anni fa, dunque non allineate agli effettivi costi di gestione sostenuti dalle strutture. Le quali, in sostanza, stanno lavorando in perdita.

Due le alternative: sollevare la quota delle rette a carico delle famiglie degli assistiti oppure chiudere. Con buona pace dei posti di lavoro (migliaia) e dei beneficiari dei servizi. Il libro-inchiesta, scritto dal giornalista Luigi Alfonso, illustrare un quadro generale della situazione socio-economica della nostra regione e presentare sette delle più consolidate esperienze sociali “che stanno determinando con la loro opera un reale cambiamento”, come ha sottolineato il direttore di Vita, Stefano Arduini. In chiusura, gli interventi dell’arcivescovo di Cagliari Monsignor Giuseppe Baturi, del presidente della Fondazione di Sardegna, Giacomo Spissu, e dell’economista Vittorio Pelligra. Quest’ultimo ha puntato l’attenzione sul mondo giovanile, decisamente tra gli anelli più fragili della catena. Il materiale raccolto, tuttavia, è bastato ad arricchire la discussione che si è sviluppata nel corso della tavola rotonda condotta dal fondatore di Vita, Riccardo Bonacina, che ha coinvolto i rappresentanti delle forze sociali.

Casa della Fraterna solidarietà (Sassari), Domu Mia Amici di Sant’Egidio (Muravera), Fondazione Domus de Luna (Cagliari), cooperativa Gea Ambiente e Turismo, cooperativa sociale Lariso (Nuoro), Mondo X-Sardegna e Solidarietà Consorzio: sono le sette realtà che rappresentano uno spaccato del Terzo settore e del mondo del volontariato isolano, ma anche i diversi territori della Sardegna. Uomini e donne che hanno competenze acquisite da decenni, messe al servizio di minori, anziani, famiglie in grave difficoltà, persone con disabilità varie, soggetti con dipendenze o disturbi della salute mentale. “Senza le professionalità del settore privato, il pubblico non può far fronte a queste problematiche”, hanno sottolineato a più riprese gli intervenuti. Lamentandosi del fatto che “la Regione, e più in generale il sistema della pubblica amministrazione in Sardegna (compresi molti Comuni), continua a calare dall’alto i provvedimenti senza consultare prima le realtà del privato, che bene conoscono la situazione. Così si vedono, quando si vedono, interventi completamente fuori da ogni logica”. Eppure, ha fatto presente Arduini durante la presentazione, queste cooperative, associazioni e comunità “hanno maturato una capacità di creare reali filiere di sviluppo locale e solidarietà, che potrebbero essere decisive per il futuro della regione se valorizzate in modo sistemico e strategico in una logica di reale coprogrammazione e coprogettazione”.

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