Il primo report sugli abusi del clero italiano è “in difetto”. In Sardegna 12 preti pedofili

È uscito il primo report dei sopravvissuti agli abusi sessuali del clero italiano. Presentato dall’osservatorio permanente della Rete L’abuso e dall’associazione internazionale Eca Global (Ending clergy abuse), ha censito in Italia 418 preti pedofili, divisi in 88 anonimi, 166 denunciati e 164 condannati. Il presente report, però, è “da considerarsi in difetto alla reale portata del fenomeno“, esordisce la nota.

“L’arco temporale di riferimento è di circa 13 anni; le segnalazioni contenute nel documento sono raccolte direttamente dalle denunce delle presunte vittime; i dati si riferiscono unicamente a sacerdoti e non comprendono l’indotto (catechisti, educatori, animatori e laici in generale); tutti i casi conteggiati sono riconducibili unicamente ad abusi sessuali a danno di minori“. Inoltre, il report “non ha l’obiettivo di fornire dei numeri, ma insieme a questi fornire in assenza di dati governativi un quadro di consapevolezza più ampio, spiegando perché il problema endemico dei sacerdoti pedofili, in Italia sia particolarmente allarmante rispetto agli altri paesi, non solo nell’area dell’Unione Europea”.

Nel quadro suddiviso per regioni ecclesiastiche, il numero dei casi di preti pedofili – sempre sommando anonimi, denunciati e condannati – vede al primo posto la Lombardia con 69 casi, seguita dal Veneto con 40, dalla Sicilia con 39, dal Piemonte con 37 e dalla Campania con 34. A seguire, Lazio (29 casi), Puglia e Toscana (25 ciascuna), Liguria (23), Calabria (21), Emilia Romagna (19), Sardegna (12), Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Umbria (8 ciascuna), Marche (7), Abruzzo (6), Molise (4), Basilicata e Città del Vaticano (2). L’associazione rileva “un basso livello di indagini anche solo preventive. Nella sostanza raramente si procede d’ufficio”.

In una conferenza stampa online, Francesco Zanardi della Rete L’abuso ha spiegato che il report, “con l’aggiunta di nomi e cognomi, sarà inviato alle autorità nazionali come la Procura generale della Repubblica, il comando generale dell’Arma dei Carabinieri e la Polizia, e una volta rielaborato e ampliato anche alle Nazioni Unite e, sotto forma di petizione, all’Unione Europea“.

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