Negli anni passati in Italia ne hanno sentito di tutti i colori: la criminalità, i soldi che arrivano dalla mafia, il posto di lavoro rubato agli italiani, i cani catturati per finire a tavola, persino quella storia che non si ammalano e non muoiono mai. “E invece ci ammaliamo e moriamo come tutti: ecco a cosa serve l’integrazione, è arrivato il momento di far cadere tutti i pregiudizi su di noi”.
A smentire uno per uno gli stereotipi sulla comunità cinese che da anni si è insediata nell’isola è Lina Zhan, presidente della consulta dei cittadini stranieri e apolidi di Cagliari: 27 anni, è nata in Cina ma ha sempre vissuto qui e oggi parla un ottimo italiano con una vaga inflessione cagliaritana. Accoglie personalmente gli ospiti che pian piano arrivano a decine in un ristorante alla periferia di Cagliari, addobbato a festa con palloncini colorati e lampade rosse per il primo congresso della Associazione Cinese in Sardegna.
All’ingresso ci danno il benvenuto quattro teen ager, si chiamano Sara Cheng, Giulia Wang, Ilaria Lu e Selina Dai. Indossano un abito tradizionale in seta rossa. “Tornare in Cina oggi? Impensabile, la nostra vita è qui, andiamo a scuola e frequentiamo amici cagliaritani”. Sono tutte nate in Italia ma davanti alla legge sono cinesi, dato che lo Stato italiano non riconosce la cittadinanza ai figli degli stranieri, se la vorranno potranno chiederla dopo i diciotto anni. Sognano tutte un lavoro diverso da quello dei genitori, per ora studiano ma non vogliono continuare a gestire ristoranti o negozi. “La vendita all’ingrosso e al dettaglio e la ristorazione sono ancora le attività in cui sono impegnati quasi tutti i cinesi che vivono in Sardegna, ma la seconda generazione pensa a studiare e andare all’Università” prosegue Lina Chang.
Nell’isola la comunità cinese è al quarto posto per presenze dopo Rumeni, Marocchini, Senegalesi (a Cagliari invece i primi sono Filippini e Ucraini), per anni sono stati quasi invisibili evitando contatti e integrazione ma grazie alle nuove generazioni oggi sentono che è il momento del dialogo. “Abbiamo una bellissima cultura millenaria, è giusto farla conoscere al paese che ci accoglie e trasmetterla ai più giovani” sottolinea Chen Renfeng, nuovo presidente dell’Associazione Cinese in Sardegna. Chen ha 38 anni, anche lui nato in Cina ma vive qui da tempo. Degli Italiani ammira soprattutto la tranquillità e il realismo: “Nel mio paese diamo tanta, troppa importanza alle apparenze e alla forma, qui da voi si guarda più alla sostanza. E poi ammiro l’educazione così serena che i genitori trasmettono ai figli, da noi si usa troppa severità”. Anche i suoi figli di 8, 14 e 18 anni vanno a scuola, frequentano ragazzi cagliaritani e si sentono italiani a tutti gli effetti ma di tornare in Oriente non ne hanno intenzione.
Tra gli invitati, oltre alle tantissime famiglie straniere approdate in Italia e nell’isola per cercare lavoro, ci sono anche molti cagliaritani. “Eventi come questo, con i Cinesi che si costituiscono in associazioni e si aprono alla città, sono fondamentali per permettere finalmente integrazione e partecipazione – sottolinea Luigi Minerba, assessore comunale alle politiche sociali. “Ed è anche compito del Comune con la Consulta degli stranieri favorire l’incontro tra tutte le comunità che convivono nello stesso territorio. Abbiamo in programma eventi culturali e sportivi destinati a far conoscere usi e tradizioni diversi dai nostri”.
E i pregiudizi, la diffidenza verso gli stranieri? “Abbiamo sentito prese in giro e offese anche pesanti soprattutto a scuola ma oggi non ci facciamo più caso – dice Ilaria Lu, 19 anni, che frequenta il Liceo Artistico e sogna di studiare architettura – per non parlare delle accuse di crudeltà verso gli animali, con la storia che mangiamo la carne dei cani. Si, è vero che si mangia in zone molto povere o nelle campagne, soprattutto in periodi di crisi, ma non è certo un piatto che si trova normalmente nelle tavole. Eppure voi italiani mangiate tranquillamente cavalli e conigli, cosa che da noi è impensabile, come mai nessuno vi ha mai accusato di crudeltà per questo?”
Francesca Mulas