Il comandante di Meridiana sul Qatar: “Si sapeva, i benefattori non esistono”

Andrea Mascia ha cominciato a lavorare in Air Italy quando ancora si chiamava Alisarda. Era la favola del principe ismaelita, quel visionario Karim Aga Khan che capitò per caso a Porto Cervo negli anni Cinquanta, ne se innamorò perdutamente, fondò la Costa Smeralda e anche la compagnia aerea per arrivare a Olbia. Era il 1963. Dodici mesi dopo il primo volo. Mascia aveva trentatré anni quando nel Novanta firmò il suo contratto da pilota bruciando le tappe verso la promozione a comandante. Sembrava un’eldorado senza fine. Fascino della divisa e benessere. Ma agli inizi del Duemila le prime avvisaglie della crisi, con Mascia che si arrampicò su un pilone della luce per difendere il lavoro. Lì, insieme a un collega, rimase per oltre cinquanta giorni. Una battaglia di civiltà contro i licenziamenti che gli costò la sospensione dal servizio, sine die. Una vita impossibile. Due anni dopo la decisione di rassegnare le dimissioni. Dal paradiso all’inferno. Non in cielo ma in terra. Adesso Mascia guarda i cocci del sogno andato in frantumi. Non più solo il suo, ma quello di tutti. La vecchia Alisarda – diventa Meridiana, poi Meridiana fly e infine Air Italy – è in liquidazione. Fine del lavoro. Devono andare a casa i mille e duecento rimasti nella pianta organica. Personale di volo e amministrativi. Un tracollo.

Comandante Mascia, stato d’animo?

È finita una favola che si chiamava Alisarda-Meridiana. Si fatica a crederci. È difficile realizzare che sia finita così. I segnali, però, c’erano tutti: dopo i licenziamenti collettivi del 2016, chi stava dentro la compagnia e aveva coscienza e conoscenza, sapeva che si sarebbe arrivati all’epilogo.

Che favola era quella di Alisarda?

L’Aga Khan ha battuto tutti i record: ha fondato la prima compagnia sarda collegando in estate l’aeroporto di Olbia con i più importanti scali europei. Non a caso la Costa Smeralda è diventata un modello turistico d’esportazione. l’Alisarda aveva davvero tutto: aeroplani nuovi e personale altamente qualificato, la formazione si faceva nella qualificatissima Klm, il vettore olandese.

Quand’è che il sogno ha cominciato a vacillare?

Non si può dire che l’acquisizione di Eurofly, nel 2006, sia stata un’operazione felice. Al contrario si rivelò fallimentare. Meridiana pagò le azioni a quattro euro l’una, poi scesero sotto i venti centesimi. Da allora la compagnia dell’Aga Khan non ha mai più avuto un bilancio in attivo.

Va detto che Meridiana era allora troppo piccola per sopravvivere alla concorrenza.

Indubbio. Una fusione era necessaria. Però si poteva scegliere meglio, ecco. Eurofly non aveva slot sulle tratte ‘ordinarie’. Il vettore volava nel segmento dei charter con propri equipaggi e aerei in leasing. Tuttavia alla crescita della flotta e del personale, non è corrisposto un aumento dei volumi di traffico. Ma con un costo del lavoro alto e lo sviluppo fermo, è iniziata la stagione della cassaintegrazione.

Dal cappello magico del management Meridiana nel 2011 spunta un nuovo matrimonio, quello con Air Italy del comandante Giuseppe Gentile, l’unico che ci ha guadagnato. Quella fusione dove avrebbe dovuto portare?

L’operazione Air Italy aveva un obiettivo squisitamente finanziario: portare nella compagnia personale di volo giovane con stipendi più bassi rispetto a quelli pagati in Meridiana. Ma la previsione è stata tutt’altro che azzeccata.

Gentile non solo era riuscito a piazzato la sua compagnia sul mercato, ma riuscì anche a mettere in tasca una buonuscita milionaria. Un genio.

L’inizio della tragedia per Meridiana. Il post fusione con Air Italy ha portato a 1.634 licenziamenti su un totale di 2.200 dipendenti.

Ha visto molti colleghi piangere?

Non abbiamo mai avuto il tempo per piangere. Eravamo impegnati a difendere il lavoro. Ci abbiamo provato in tutti i modi, girando anche l’Europa, da Olbia a Bruxelles e passando per Parigi, la casa del principe Aga Khan. Di certo abbiamo sofferto. Quando una famiglia è monoreddito e si perde il lavoro, finisce la speranza, specie se ci sono figli da mandare a scuola. Meridiana, in diversi casi, lavoravano anche moglie e marito, ed entrambi sono rimasti senza stipendio.

Oggi costa resta di Meridiana?

Nulla. Oggi la disperazione sovrasta il ricordo. Alisarda prima e Meridiana poi sono davvero state la nostra azienda. C’era un senso di appartenenza che ci univa. La compagnia aveva portato lustro e benessere. Il nostro posto di lavoro era ambito.

Quando nel 2017 il Qatar ha acquisito il 49 per cento della compagnia, ha promesso il rilancio.

I re magi non esistono. Almeno non nella realtà. E i benefattori non comprano le compagnie aeree. I qatarioti se le potevano risparmiare le uscite di questi giorni.

Si riferisce alla accuse contro l’Aga Khan?

Sì.

Il principe, però, ha risposto.

Non poteva non farlo. Ma la sua sintesi è stata perfetta: quando non c’erano i qatarioti, Meridiana non andava oltre i 40 milioni di perdite e ne fatturava 400. Negli ultimi due anni i ricavi si sono quasi dimezzati e il rosso è salito al 70 per cento del bilancio.

C’è qualcosa che non si spiega?

Alla fine è difficile spiegare tutto. È fallita la compagnia di un’isola dove ogni anno si spostano in aereo otto milioni di passeggeri. Peraltro con un potenziale di crescita enorme. A Olbia ci sono anche gli hangar per le manutenzioni. Avremmo dovuto farcela da soli.

Qualcuno rileverà Air Italy?

Se qualcuno ha tra i 300 i 400 milioni, certo che può farlo.

Viene da sé che in questi anni la compagnia è stata gestita malissimo.

Il management è l’unico responsabile del disastro. Quest’anno in Sardegna rischia di saltare la stagione turistica. Con danni incalcolabili. I tuou operatori hanno pronti i pacchetti, ma non ci sono voli.

Lei per difendere il lavoro non solo ha perso il posto, ma è stato portato in tribunale anche dalla Geasar, la società di gestione dell’aeroporto, proprietaria del terreno dove ricadeva il palo della luce al quale si era arrampicato. È stato accusato di occupazione abusiva di suolo pubblico e interruzione di pubblico servizio. Com’è finita?

Ho rinunciato alla sanzione pecuniaria e preferito la consegna ai servizi sociali. Per quattro ore alla settimana faccio volontariato alla Caritas.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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