Il Centro contro le discriminazioni del Mos – Movimento Omosessuale Sardo è il vincitore della terza edizione del Premio S’Empatia per le arti performative, “per il suo straordinario lavoro a livello locale, regionale, nazionale, di inclusione, dissenso, attivismo in difesa dei diritti delle persone LGBT+, delle donne, dei migranti, e di chiunque sia discriminato all’interno della società”. Il riconoscimento è stato assegnato sabato scorso, durante una partecipata serata-aperitivo nella sede di S’Ala – Spazio per ArtiSt*, l’associazione culturale che tre anni fa ha creato il premio in ricordo dell’imprenditore sassarese Carlo Solinas, già presidente del Teatro Verdi, appassionato mecenate delle arti, profondamente convinto del legame inscindibile tra cultura e impegno civile.
Creatività e partecipazione: questi i binari su cui corre il premio. E questi anche i principi ispiratori, fin dalle sue origini, del Centro contro le discriminazioni. A ricevere, dal team S’Ala e dal direttore artistico Moreno Solinas, figlio di Carlo Solinas, l’assegno di 1.500 euro e le forbici dorate – l’originale trofeo di S’Empatia, simbolo di creatività e laboriosità – sono stati, Simone Sanna (presidente del MOS) e Salvatore Ricciu (presidente del C.C.S. Borderline). Per entrambi, “il Premio S’Empatia è un importante riconoscimento del grande lavoro che il Movimento Omosessuale Sardo fa dal 1992 nel territorio di Sassari e in quello regionale, attraverso una serie di servizi, che vanno dall’ascolto al supporto psicologico, dalla consulenza e assistenza legale fino a uno sportello di assistenza ai migranti“. Hanno poi ricordato come l’associazione, con sede in via Rockfeller, sia anche un luogo di socializzazione, attraverso il circolo C.C.S. Borderline, che fin dagli anni Novanta organizza eventi artistici, culturali, presentazioni di libri.
Fin dal primo anno il Premio “S’Empatia” ha scelto di valorizzare, insieme alle qualità artistiche, anche quelle umane. La cultura, per gli ideatori del premio, è prima di tutto un modo di essere all’interno della società civile, e l’arte uno strumento capace di determinare cambiamenti positivi. L’accento, durante la serata della premiazione, è caduto in particolare sull’importanza delle parole come strumento di consapevolezza e autodeterminazione. In un’epoca caratterizzata dalla rimozione di comunicazioni legate ai diritti fondamentali, all’immigrazione e all’ambiente, e di regimi totalitari basati sulla mistificazione e la rimozione della verità, Anna Paola Della Chiesa, vicediretrice di S’Ala, ha citato Michela Murgia per ricordare che “il modo in cui chiami le cose è il modo in cui finisci per viverle. Quindi hai diritto di dare i nomi alle cose che devi vivere. Non farglieli dare dagli altri. È molto meglio scegliere tu che nome dare alla tua realtà, perché poi la abiti meglio”.