Iglesias, sfratto per bimba disabile. Via da Casermette, pubbliche ma ‘occupate’

L’ufficiale giudiziario si è presentato ieri mattina intorno alle 9 alla porta della casa dove vivono Anastasia Acri, il suo compagno e una bimba di tre anni, nel villaggio conosciuto come Ex casermette, a due passi dalla centralissima piazza Sella, a Iglesias. Il motivo è la notifica di una ingiunzione di sfratto esecutivo richiesta dal proprietario. Provvisoriamente è stata concordata, con il comune e con il titolare dell’alloggio, una proroga di due mesi. Durante questo periodo il comune si è impegnato a trovare una sistemazione alternativa e provvisoria alla coppia, in attesa di un regolare alloggio di edilizia pubblica. Una ventina di amici e conoscenti hanno voluto dimostrare solidarietà alla famiglia. Durante la notifica dell’ingiunzione c’è stato anche l’intervento del comandante della Tenenza di Finanza di Iglesias, Andrea Vinci, in quanto titolare di un’indagine, ancora in corso, sulla regolarità delle assegnazioni degli alloggi pubblici, scaturite in seguito ad alcuni esposti presentati alla magistratura. Sembrerebbe, in apparenza, un normale caso di sfratto per occupazione abusiva. Ma la vicenda è un po’ più complicata. Prima di tutto perché la bambina della coppia è affetta da una grave forma di disabilità per cui necessita di una casa adeguata e un ambiente familiare sereno. Inoltre la casa di cui parliamo fa parte del discusso compendio immobiliare conosciuto come Ex  casermette, perché in origine ospitava il 60° Reggimento Calabria, risalente al periodo fascista, su cui ancora gravano dubbi di legittimità sul possesso di questi alloggi (leggi qui).

Dopo la fine della seconda guerra l’esercito abbandonò la caserma “Col di Lana”. I locali che un tempo furono officine, stalle e alloggi vennero consegnati “bonariamente” dal comune a dipendenti comunali e delle miniere per far fronte alla fame di case. Circa un centinaio di “inquilini” le adattarono a loro spese per poterci vivere. Nella quasi totalità dei casi manca però un regolare contratto d’affitto. Il motivo è presto detto. Negli anni parte di questi alloggi sono stati oggetto di occupazioni abusive quando venivano abbandonati dai precedenti occupanti. In alcuni casi gli alloggi sono stati mantenuti dagli eredi non per viverci ma per realizzare ripostigli e magazzini. In barba alla fame di case. Inoltre il comune non poteva stipulare contratti d’affitto su questi immobili essendo di proprietà del demanio pubblico. Nel 2005 l’allora sindaco Pierluigi Carta tentò una riqualificazione dell’intera area che avrebbe portato gli “aventi titolo” a divenire in breve tempo proprietari degli alloggi occupati. Vennero anche costruite delle case che sarebbero servite come alloggi provvisori, le così dette “case in legno” per la innovativa tecnica costruttiva. Purtroppo non si trovò l’accordo con gli occupanti e il progetto finì in un cassetto. E con esso andò perduto anche il relativo finanziamento. Tutto ciò fino al 2009 quando il comune di Iglesias ne diventa proprietario per il prezzo simbolico di un euro. A quel punto il comune ha il titolo per mettere ordine nel compendio e operare, pure, una riqualificazione di cui si sente l’assoluta necessità. Invece ancora una volta non si trova l’accordo perché il sindaco Emilio Gariazzo, suffragato dalle disposizioni della Corte dei Conti, offre un regolare contratto d’affitto e chiede gli arretrati degli affitti dal 2009, che gli inquilini però non vogliono pagare. Resta da verificare la legittimità sui contratti d’affitto stipulati fino ad oggi. Alberto Cacciarru, presidente della  commissione ai servizi sociali di Iglesias, a tal proposito, è fortemente critico: “Una situazione inaccettabile che si sarebbe dovuta risolvere  già da tempo. È quanto meno singolare che il comune stipuli contratti di locazione a persone che risultano essere già proprietari di case”. Francesco Melis, assessore all’ambiente, intervenuto in rappresentanza dell’amministrazione ha dichiarato: “L’intervento del Comune si è reso necessario in particolare per la presenza di una bambina affetta da una grave forma di disabilità. È nostra volontà risolvere questo problema che si trascina da tempo”.

Carlo Martinelli

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