Gioco d’azzardo: i manifesti e le lotte dei sindaci contro gli interessi nazionali

Un settore sul quale bisogna fare cassa o un flagello da combattere? Il gioco d’azzardo divide ancora una volta governo nazionale e comuni. Mentre l’esecutivo Renzi inserisce nella legge di Stabilità 22mila nuovi punti gioco (poi diventati 15mila), numerose amministrazioni comunali, dal nord al sud dell’Isola, vanno in una direzione opposta e promettono un taglio delle tasse per chi elimina videopoker e slot machine. A Sassari, dove la percentuale di giocatori è tra le più alte a livello regionale, la commissione bilancio di Palazzo Ducale ha approvato alcuni mesi fa un regolamento per la concessione di sgravi fiscali al fine di contrastare la ludopatia. Nella proposta formulata c’è anche un interessante punto: l’adozione di distanze minime dai luoghi “sensibili” della città (scuole, centri di aggregazione giovanili, chiese, ospizi per anziani, ospedali) per le sedi dei locali in cui si svolge il gioco d’azzardo. Ad Assemini, alle porte di Cagliari, è già entrata in vigore una riduzione della Tari ai bar che elimineranno dai propri locali. La riduzione prevista, 5 per cento, è rivolta a chi elimina le macchinette da gioco dai propri esercizi ma anche anche a chi questi giochi non li ha mai offerti. Stessa idea anche a Bosa. Ma la storia più significativa arriva da Tertenia, piccolo comune dell’Ogliastra che due anni fa è stato pioniere per quanto riguarda la lotta al gioco d’azzardo.

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In Sardegna esistono tantissimi esempi di amministrazioni che hanno scelto di schierarsi sul fronte del “no” al gioco d’azzardo patologico e alle sue conseguenze. Comuni a volte piccoli, ma dotati di quel coraggio che consente di invertire la rotta. Sul web esiste un manifesto contro il gioco d’azzardo, sottoscritto da alcuni sindaci italiani con il quale si chiede una nuova legge nazionale fondata sulla riduzione di questo fenomeno e un’adeguata informazione sul tema. Al momento hanno sottoscritto l’appello le amministrazioni di Arbus, Carbonia, Elmas, Ittireddu, Nule, Perfugas, Quartucciu, Sestu, Siniscola e Villacidro. E poi c’è la campagna nazionale no-slot (www.noslot.org) che ha come primo obiettivo la presa di coscienza rispetto a un fenomeno drammaticamente in crescita.

Nel mezzo, ci sono i cittadini. Spaesati dalla schizofrenia di uno Stato che incassa milioni di euro grazie a un fenomeno che, in teoria, dice di contrastare. Il premier Matteo Renzi, durante la conferenza stampa di presentazione della legge di Stabilità 2016 ha dichiarato: “Dal capitolo giochi il governo prevede entrate per un miliardo”. Nella manovra, infatti, sono state infilate ben 22mila nuove licenze per i concessionari di “punti d’azzardo” (in pratica slot machine, videolottery e centri scommesse) con un ricavato previsto di 500 milioni di euro. Eppure, pochi giorni prima, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva deciso di assegnare un riconoscimento solenne al sociologo Maurizio Fiasco per la sua attività di ricerca sul gioco d’azzardo, fenomeno che il Quirinale definiva “di grave impatto sulla dimensione individuale e sociale”. Impossibile non notare la contraddizione tra i due messaggi. Come mai, verrebbe da chiedersi, in Italia non si è mai recepita l’indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che vede nel “gioco d’azzardo compulsivo una forma morbosa chiaramente identificata e che, in assenza di misure idonee d’informazione e prevenzione, può rappresentare, a causa della sua diffusione, un’autentica malattia sociale”? Trascurare questa malattia significa non agire davanti ai gravi sintomi legati al gioco illegale: usura, truffa, riciclaggio di denaro sporco.

Mi. Spa. 

(@MicheleSpanu84 on Twitter)

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