Costruisce violini, viole, e violoncelli con legni antichi. E li vende in tutta Europa alle più importanti orchestre, fino alla Russia. Frank Eickmeyer, 50 anni, tedesco, originario di Costanza, in Baviera, al confine con l’Austria e la Svizzera, già da otto anni ha scelto di vivere parte dell’anno a Bosa, nella cittadina delle vecchie concerie, per sviluppare in Sardegna la sua attività di liutaio. Sta sette mesi l’anno in Germania, e quattro in Italia. Viaggia molto, mantiene per lavoro i suoi contatti con l’estero e con il continente. È una di quelle notizie che non ti aspetti. Una di quelle storie da raccontare.
Ma a girare tra i vicoli della cittadina di Bosa – nella costa occidentale della Sardegna – famosa per le sue case colorate, il fiume Temo, e le concerie, in realtà non c’è da stupirsi troppo. Quelle case, infatti, (un tempo case di pescatori poveri) si narra siano colorate perché si potessero vedere dal mare. Come dei fari. Ma forse anche per alleviare la nostalgia, quando in mare si passavano intere settimane. Quelle case sono, ora, per lo più abitate da cittadini stranieri: tedeschi, inglesi, francesi, svizzeri e italiani della penisola. Tutte persone innamorate di questo piccolo angolo di paradiso.
Bosa è particolare per la sua conformazione, le campagne fertili intorno al fiume e il riparo delle montagne. Storia e bellezze naturalistiche si affacciano sul mare. Frank è uno di quelli che hanno scelto la Sardegna come seconda residenza. Mantiene la sua attività tra la Germania e l’Italia, viaggia e lavora anche qui alle sue creazioni di liuteria. Nel 2005 ha acquistato una casa vicino alle concerie, l’ha ristrutturata ed ha allestito parte del suo laboratorio. Lavora qui il legno pregiato che arriva dai migliori boschi d’Europa. In questo contesto, mentre ammira le case colorate de ‘sa costa’, costruisce i suoi violini, le viole e i violoncelli che saranno suonati dai maestri, professori di Conservatorio, solisti come Henning Kraggerud ed Ulrich Groener. Firma le sue opere in italiano, col nome d’arte ‘Francesco Dalla Quercia’, traduzione quasi letterale del suo nome, Frank Eickmeyer.
Già a sedici anni – ci racconta – sapeva che avrebbe voluto costruire violini. In Germania, prima, frequentò la scuola Steineriana. Vi sono tre orchestre, ci dice, si lavora il legno, il metallo, il ferro battuto, si fanno i tappeti, sculture, pittura. Dopo un anno venne ammesso alla prestigiosa scuola di liuteria di Mittenwald, in Baviera.
Nel 1982, a diciannove anni, decise di venire in Italia per imparare direttamente dai maestri liutai della scuola di Gubbio. Entrò da subito in contatto con la musica. “In Italia – racconta – potevi entrare in bottega. Mentre la scuola tedesca era troppo rigida. Paradossalmente la poca attenzione e lo scarso riconoscimento qui si dà alla cultura e alla liuteria, mi permise di imparare questo mestiere per davvero”.
Ma anche altre ragioni spinsero Frank a lasciare la Germania, e qui la nostra conversazione si fa più profonda: “La Germania, dopo la seconda guerra mondiale, era un paese che aveva il grandissimo problema di defascistizzare l’intera nazione. Superare così la vergogna mantenendo la responsabilità che avevamo del terzo Reich. Per questo, in quel periodo, tutto doveva essere analizzato, psicologicamente e moralmente. Tutto doveva essere capito. ‘Pulito’, poiché permeato da una sorta di senso di colpa. V’era una motivazione del fare per ogni cosa. Sebbene capisca questo processo – ed oggi lo condivida – per un tedesco della mia generazione passare il confine a Sud della Germania era come sentirsi liberati”. “Sai che si fa per prima cosa quando si passa il confine in l’Italia? Sì fa benzina e si prende un cappuccino al bar. È quello il primo segno di libertà che i tedeschi apprezzano qui”.
Il suo rapporto con la Germania, dice Frank, ora si è equilibrato. Ne comprende i pregi, i meriti e i difetti. Così come non può non notare quelli dell’Italia e degli italiani: “Capisco adesso che, a dispetto degli stereotipi, anche i tedeschi sono creativi. Si adoperano con diligenza in ogni campo. Credo che, in buona parte, questo sia un effetto della cultura e dell’educazione che c’è nella scuola tedesca, in particolare nei confronti della musica. Vedo chiaramente come questa si rifletta sull’intelligenza dell’uomo. Le scuole tedesche ti mettono fin da bambino a contatto con il mondo dei suoni. Io ho un figlio, che ora vive a Beirut, e ho visto come qui, al contrario della Germania, Berlusconi abbia distrutto quel poco che è rimasto della cultura e della scuola in Italia. A Bologna, in bottega, spesso entravano musicisti disperati che mi piangevano addosso. Sapevano, dopo anni di studio, di non aver futuro in Italia. Altri emigravano, ma il livello delle scuole e dei conservatori italiani non era abbastanza competitivo, spesso, per aver successo fuori”.
Frank continua a interrogarsi sul suo essere tedesco, ad avere un rapporto con la Germania che oscilla tra la critica e i sano orgoglio: “A volte mi chiedo se oggi il mio paese non sia nuovamente un pericolo per l’Europa, per il suo strapotere politico ed economico. Altre volte mi domando se questo non sia altro che il risultato dell’operosità e della creatività del tedesco che derivano dall’apertura culturale che la musica dà. In ognuna delle nostre città la musica fa parte della vita quotidiana delle persone”.
Ha studiato con maestri del calibro di Scrollavezza, Zigmuntovitsch, Rabut, Nebel, Guicciardi, Stietencrom. Oscar Piastrelloni, professore di violoncello al Conservatorio di Cagliari, concertista, violoncellista esterno dell’orchestra del Lirico dice di lui: “Credo che Eickmeyer sia la migliore espressione della liuteria per archi che oggi c’è in Sardegna. Difficile trovare gente con il suo curriculum qui da noi, sebbene per fortuna ci siano degli altri giovani di livello. A me ha fatto un’ottima copia di un Raffaele Fiorini del 1894. Ho consigliato perfino due miei allievi di fornirsi da lui. I suoi sono che lavori durano, affidabili nel tempo”.
Frank confessa un sogno: “A cinquant’anni – dice – sento che è giunto il momento di trasmettere il mio sapere ad altri. E se la burocrazia in Italia non fosse così scoraggiante aprirei di certo qui una Scuola di Liuteria, a Bosa. Ricordo che in Germania ho aperto la mia attività in venti minuti. Forse qui serviranno degli anni. Meglio rinunciare”. Per adesso, lascia intendere.
Davide Fara