Da Flash Gordon ai viaggi nello spazio, il racconto di Guidoni l’uomo delle stelle

“Cosa sono? Sono in fondo un viaggiatore… con 20 milioni di chilometri sulle spalle”. Sorride e gli si illuminano gli occhi quando gli si chiede di riassumere il suo lavoro. D’altronde Umberto Guidoni è riuscito a fare quello che per molti è un sogno sin dall’infanzia: volare nello spazio, e lui lo ha fatto non una, ma ben due volte.  La prima nel 1996, la seconda nel 2001 ed è stato il primo europeo a soggiornare nella Stazione spaziale internazionale. L’astronauta è a Sassari, ospite del Sassari Comics and game, la manifestazione organizzata da Sassari Cosplay che si sta svolgendo in città, dove ha presentato un “panel” dedicato proprio alle esplorazioni nello spazio e alla sua attività.

“Sono sempre stato curioso sin da quando ero piccolo – racconta -, e lo sono ancora. Da bambino amavo molto la fantascienza, leggevo i fumetti di Flash Gordon, e rimasi veramente colpito e affascinato quando vidi le immagini dell’uomo sulla luna. Avevo 10-15 anni e mi resi conto che quello che leggevo nei fumetti, come andare nello spazio appunto, atterrare sui pianeti, era veramente possibile”. Volare come Neil Armstrong però nell’Italia di quel tempo non era possibile, non esisteva nemmeno l’Esa, l’agenzia spaziale europea, così Guidoni si iscrive in Fisica anche se sta sempre con il naso in su rivolto verso il cielo: “Ho fatto una tesi in astrofisica, sulle galassie”.

L’occasione tanto sognata arriva a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e Novanta: lavora a Cnr al progetto sul Tethered Satellite System e viene selezionato dall’Asi – l’agenzia spaziale italiana – e dalla Nasa come candidato per la prima missione spaziale del Satellite Tethered dove deve occuparsi degli esperimenti elettrodinamici. Il lancio avviene il 22 febbraio del 1996, dopo oltre un anno di preparazione, a bordo del Columbia, per concludersi il 9 marzo dello stesso anno dopo aver percorso 10 milioni di chilometri in 377 ore e 40 minuti. La seconda esperienza nello spazio è a bordo dello Endeavour, impegnato in uno dei voli di assemblaggio della Stazione Spaziale. La missione comprende il volo inaugurale del modulo Raffaello, uno dei tre moduli pressurizzati italiani per il supporto logistico della stazione spaziale. Lanciato il 19 aprile 2001 ed atterrato alla Edwards Air Force Base in California, il 1º maggio, l’Endeavour completa 186 orbite, percorrendo circa 8 milioni di chilometri in 285 ore e 30 minuti.

“Era il 2001, una data iconica perché ovviamente mi ricordava “2001 Odissea nello spazio” di Kubrick e io stavo andando in una stazione spaziale in orbita intorno alla Terra. La suggestione era fortissima, poi ho realizzato meglio qualche giorno dopo l’arrivo alla SSI quando ho parlato in collegamento con l’allora presidente della Repubblica, Ciampi: mi disse che era il 25 aprile. Una data storica e io ero lì, primo italiano, anzi europeo sulla stazione spaziale”.

Guidoni racconta poi più in dettaglio cosa significa vivere una situazione simile: dall’essere “sparati” a 28 mila km/h ad arrivare in orbita in appena 8 minuti. “Finché non la vedi è veramente difficile da immaginare. Paradossalmente stare a tanti chilometri di distanza dalla Terra ti avvicina ancora di più a lei. Perché la prima cosa che ognuno di noi ha fatto è andare verso uno dei finestrini e osservala. Cambia completamente la prospettiva. – continua – Intorno c’è il vuoto, e questo fa la differenza: riconosci la bellezza e allo stesso tempo la fragilità di questo pianeta. Essere nello spazio ti rende veramente cittadino del mondo”.

Umberto Guidoni spera che in un futuro prossimo questa occasione possa essere accessibile a tutti e sottolinea come questi viaggi siano  importanti e potranno aiutare l’umanità a risolvere i problemi più complessi. “Negli anni 70 negli Usa, le spese per la Nasa coprivano il 5 per cento del Pil, ora solo lo 0,5, capite benissimo cosa implica a livello di studio e ricerca un dato simile. Inoltre, i viaggi nello spazio sono serviti a testare tecnologie che poi sono diventate di uso comune nella vita reale”.

Il futuro? “Penso che si continuerà ad esplorare, Marte è la prossima tappa ovviamente. Il viaggio è insito nell’animo umano. In fondo gli uomini che vanno nello spazio non sono poi così diversi da quelli che si mettevano per mare a oltrepassare lo stretto di Gibilterra con una tecnologia molto meno sofisticata della nostra. Abbiamo appena 50 anni di esplorazioni, abbiamo mosso i primi passi fuori dalla nostra culla, la Terra, e il futuro ci presenterà sicuramente nuove sfide. È una cosa che dico spesso ai tanti ragazzi che vengono a sentirmi e farmi tante domande. Sono loro il nostro domani più prossimo e saranno loro a fare tutto ciò”.

Francesco Bellu

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