Ferragosto di lotta e di rabbia per i lavoratori Alcoa di Portovesme da oltre cento giorni accampati davanti all’ingresso della fabbrica di alluminio primario. Nelle tende e nel tendone principale trasformato in una sorta di quartier generale della protesta non c’è spazio per festeggiare. “Negli altri posti ci saranno fuochi d’artificio – ha spiegato Pierpaolo Gai, delegato sindacale dei dipendenti Alcoa – noi invece passeremo il nostro giorno di festa in lotta per far riaprire la fabbrica”.
I lavoratori, che tre mesi fa hanno deciso di rilanciare la vertenza, oltre alle proteste e alle manifestazioni anche a Roma davanti al Mise, hanno istituito un vero e proprio presidio con varie tende e non si sposteranno neppure il giorno di Ferragosto. “A pranzo si sono le nostre famiglie – ha aggiunto Gai – giusto per non sentirci più soli, poi la sera si prosegue con il presidio tradizionale”.
Non solo lotta ma anche rabbia, come rimarca Bruno Usai, della segreteria Fiom e cassintegrato Alcoa: “La nostra sarà una giornata di rabbia oltre che di lotta perché ci sono ancora dei dipendenti che non hanno percepito gli ammortizzatori sociali in deroga. E questo è un aspetto che non può che far male”.
Al presidio di Portovesme si guarda anche agli appuntamenti futuri: “Qualcuno della politica è andato in ferie ma la nostra lotta no – ha sottolineato Usai – perché questa vertenza deve trovare una soluzione“. In attesa delle prossime azioni che i lavoratori e sindacati meditano di portare avanti, prosegue la carovana della solidarietà ai cassintegrati Alcoa.
Nei giorni scorsi a far visita al presidio sono stati gli operai della Carbosulcis, mentre quasi quotidianamente ci sono le presenze di cittadini e studenti che manifestano sostegno, ma non manca anche qualche gruppo musicale che allestisce estemporanei concerti. “E’ chiaro che senza risposte concrete – ha concluso Gai – la nostra protesta non si ferma. La speranza è che la fabbrica, ferma da quasi due anni, possa ripartire”. (ANSA).