Femminicidio ad Aosta, il sassarese condannato non era stato preso in giro dalla vittima

Elena Raluca Serban non aveva sbeffeggiato, Gabriel Falloni per una disfunzione sessuale che gli avrebbe impedito di consumare un rapporto. L’imputato ha “inventato” la circostanza, immaginando che “riferire una condotta provocatoria della parte offesa potesse in qualche modo attenuare la di lui responsabilità per quanto commesso”.

Lo scrive il presidente della Corte d’Assise di Aosta, il giudice Eugenio Gramola, nelle 66 pagine in cui motiva la sentenza di condanna all’ergastolo per il 36enne di Sorso (Sassari), reo confesso dell’omicidio della donna di origine romena uccisa a 32 anni, il 17 aprile 2021, in un appartamento che aveva preso in affitto ad Aosta. Una escort, secondo i giudici, ha “tutto l’interesse a soddisfare i propri clienti, e non certo a sbeffeggiarli qualora si presentino problemi, con il più che verosimile risultato di non rivederli più”.

Non è inoltre neppure possibile che la donna, dopo essere stata strangolata, avesse preso in mano un coltello per minacciarlo di chiamare la polizia e colpirlo a un braccio. Il medico legale ha confermato che dopo la “manovra di armlock” la vittima era “sostanzialmente priva di conoscenza”. Era così stata trascinata in bagno, dove non era stata in grado di “reagire in alcun modo alle coltellate” di Falloni. Per questo non gli è stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi, contestata dalla procura di Aosta vista la reazione allo sbeffeggiamento, che però la Corte considera un “maldestro tentativo di difesa”.

La sera dell’omicidio Elena Raluca Serban – conferma la Corte nella propria ricostruzione – dopo essere stata strangolata, sgozzata con tre coltellate, era stata rapinata di oltre 8.000 euro, quasi sei mesi dello stipendio dell’imputato sottolineato i giudici. Falloni era fuggito in taxi, fino a Genova, e poi arrestato al suo rientro a Nus, dove abitava.

La Corte d’Assise di Aosta non ha riconosciuto l’aggravante della crudeltà (Falloni “non ha fatto nulla di più di quanto era strettamente necessario per portare a conclusione l’omicidio”) ma ha ritenuto sussistente quella della ‘connessione teleologica’, cioè che l’omicidio era finalizzato a poter compiere una rapina. Più in generale “il complessivo racconto del proprio vissuto, offerto dal Falloni, altro non è che una squallida e deplorevole architettura finalizzata ad ottenere la compassione della Corte”. Spiegando la decisione di non concedergli le attenuanti generiche, il presidente Gramola scrive che “le reiterate accuse del Falloni aventi ad oggetto le peggiori nefandezze e dirette a quasi ogni persona si sia trovata in contatto con lui, non risparmiando neppure i familiari, si appalesano come un tentativo di apparire vittima di gravissime condotte, incluse numerose e reiterate violenze sessuali”.

Ma in realtà “quanto dichiarato dal perito psichiatrico” lascia “più che chiaramente intendere quale grado di attendibilità abbiano le dichiarazioni del Falloni” a partire dalle “numerosissime contraddizioni” in cui cade. A incastrarlo, da subito, le riprese delle telecamere del condominio dove viveva da un mese la donna e i tabulati telefonici. Le indagini della squadra mobile di Aosta sono state coordinate dai pm, Luca Ceccanti e Manlio D’Ambrosi, con il procuratore capo, Paolo Fortuna. Falloni è difeso dagli avvocati Marco Palmieri e Davide Meloni.

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