Non ce l’ha fatta Federica Cardia: dopo due anni ha perso una durissima battaglia contro un tumore al colon che ha cambiato la sua vita. La storia della trentenne sarda che ha creato il progetto “Tanto vinco io” ha commosso tutta l’Italia, ha conquistato l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità scientifica e ricevuto sostegno da tutto il mondo. Era il marzo 2011 quando le venne diagnosticato un tumore al quarto stadio: da allora ha creato un blog in cui ha raccontato la malattia con l’intento di condividere la sua esperienza e cercare aiuto dalla Rete. “I risultati delle ultime analisi mi hanno convinto che dopo tanti mesi di cure “non appropriate” sia arrivato il tempo di combattere questo male ma con l’aiuto di un popolo che conosco bene, quello della rete”, scriveva Federica nel suo blog. “Sapere quali sono le cure più giuste da fare, avere tutte le informazioni per poter essere in grado di scegliere bene, non è facile. Le risposte a volte arrivano dopo decine e decine di tentativi a vuoto e mesi buttati al vento”.
Una battaglia che ha scelto di portare avanti condividendo tutti gli aspetti del suo male compresi esami e cartelle cliniche, con la speranza che qualcuno potesse suggerire terapie diverse o mettere la sua esperienza al servizio di altri casi: “Ho studiato Comunicazione e ho conseguito un Dottorato di ricerca in questa materia dedicandomi per qualche anno alla ricerca sulle nuove potenzialità della Rete e sulla condivisione. Se vogliamo vedere il lato positivo della faccenda la mia malattia mi ha offerto l’opportunità di “sperimentare sul campo” e di verificare il reale potere delle teorie che ho studiato sui libri. Io sono convinta che questo potere sia forte, per questo ho creato il sito Tantovincoio.com”.
Nelle ultime settimane purtroppo la sua situazione si era ulteriormente complicata, tanto che i medici avevano sconsigliato qualsiasi tipo di intervento. Sull’home page del suo sito Federica Cardia aveva scritto una frase del filosofo giapponese Daisaku ikeda: “La sofferenza umana ha una natura duplice. Può essere causa di infelicità o incentivo per un’ulteriore crescita. Se ci disperiamo di fronte alla sofferenza, siamo persi, ma se la consideriamo un’occasione per svilupparci e migliorarci, scopriamo che la nostra esperienza ci rende in grado di portare felicità agli altri”.
Francesca Mulas