Dopo anni di battaglia giudiziaria, due operatori ecologici cagliaritani hanno vinto in Cassazione a Roma il ricorso contro la De Vizia. La loro ditta per anni non aveva voluto occuparsi del lavaggio e della disinfezione delle loro tute da lavoro. Alla pulizia e manutenzione delle divise i due netturbini, Antonio ed Efisio, provvedevano da soli facendo il ‘bucato domestico’ degli indumenti usati nella loro attività di addetti alla movimentazione dei cassonetti e alla pulizia delle piazzole. Ora la Corte di Appello di Cagliari dovrà rivedere la decisione con la quale aveva escluso che il datore avesse tra le sue incombenze anche quella di tenere pulite e liberate da batteri le tute dei suoi dipendenti, e aveva escluso che le tute dei netturbini siano uno strumento di protezione dal sudiciume e dal rischio infezioni.
In primo grado, invece, nel 2015 ai due lavoratori i giudici di merito avevano riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni “per il lavaggio degli abiti da lavoro” fissato in circa cinquemila euro per il periodo da settembre 2000 ad agosto 2007. Ad avviso della Cassazione, “la nozione legale di ‘dispositivi di protezione individuale’ non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma, va riferita a qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore”.
“Nella medesima ottica – prosegue il verdetto numero 33.133 – il datore di lavoro è tenuto a fornire i suddetti indumenti ai dipendenti e a garantirne l’idoneità a prevenire l’insorgenza e il diffondersi di infezioni, provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza e che, pertanto, rientra tra le misure necessarie ‘per la sicurezza e la salute dei lavoratori’, che il datore di lavoro è tenuto ad adottare. A difendere vittoriosamente Paolo ed Efisio è stato l’avvocato Marino Sarritzu.