“La magistratura è arrivata tardi, ma se all’interessato la morte non ha concesso la soddisfazione di veder riconosciuto un diritto atteso per otto anni, la sentenza pronunciata dal dottor Paolo Dau, Giudice del Lavoro del tribunale di Nuoro, lo scorso 15 ottobre, apre una prospettiva per altri suoi colleghi”. Lo scrive l’associazione invalidi e mutilati sul lavoro, raccontando la vicenda giudiziaria Michelino Rubanu, morto lo scorso febbraio “ex operaio originario di Orgosolo che ha lavorato dal 1974 al 2015 (data in cui è stato collocato in mobilità, maturando poi i requisiti del pensionamento), nello stabilimento industriale di Ottana, alle dipendenze delle società del Gruppo Anic Fibre (ex Enichem) avvicendatesi nel polo industriale”.
Il giudice del lavoro ha riconosciuto dopo quasi nove anni la malattia professionale, negata in via amministrativa nel 2016 dall’Inail, “condannando l’Istituto assicurativo pubblico a risarcire il danno costituendo la rendita prevista dall’assicurazione obbligatoria – spiegano dall’associazione -, il giudice ha in sostanza sancito il principio che benzene, nafta e trielina, sostanze maneggiate in servizio, sono tra i principali agenti causali del diagnosticato ‘linfoma di non Hodgkin follicolare e deficit ostruttivo polmonare da iniziale asbestosi’”.
“Una nefasta e rara patologia del sangue riconosciuta per la prima volta come malattia professionale da un giudice del lavoro a conclusione di un’istruttoria complessa e approfondita sul nesso causale che da origine alla malattia – spiega l’avvocata Sabina Contu, da anni impegnata a fianco degli operai ex Enichem per il riconoscimento dei loro diritti, esposizione all’amianto compresa -. Il dottor Giobbe e il suo ausiliario dottor Doa hanno operato una ricostruzione individuale della patologia corredata da una produzione di letteratura bibliografica. La malattia era stata denunciata all’Inail dallo Spresal, il Servizio prevenzione e sicurezza sul lavoro della Asl di Nuoro, tra i documenti correlati la relazione del professor Pierluigi Cocco, già direttore del Dipartimento di Medicina del Lavoro di Cagliari, uno dei massimi studiosi degli effetti negativi della trielina sul corpo umano”.
Le sei pagine della sentenza riassumono la tragedia. “Purtroppo, dalla prima richiesta di risarcimento sono trascorsi otto anni e la morte ha battuto sul tempo la giustizia – sottolinea Francesco Tolu dirigente regionale e componente del Coordinamento nazionale Amianto dell’Anmil – ma almeno la vedova e gli orfani, al di là del risarcimento, potranno testimoniare che il loro e il nostro impegno durante questi anni non è stato vano”.
“Alla luce di quanto esposto – si legge nella motivazione della sentenza – ritiene quindi il Tribunale che il ricorrente abbia contratto la malattia denunciata (Linfoma Non Hodgkin follicolare) per causa di lavoro e, di conseguenza, abbia diritto, come per legge, a indennizzo in rendita ragguagliato a un danno biologico determinato in misura pari al 85% con riguardo al periodo compreso tra presentazione della domanda amministrativa (3.6.2016) e il mese di dicembre 2019, e in misura pari al 100% in relazione al periodo successivo, il tutto oltre gli interessi di mora al saggio legale dal dovuto al saldo effettivo”.
Soddisfazione anche da parte dall’Associazione Nazionale invalidi e mutilati sul lavoro ringrazio l’avvocato Contu e i medici che a vario titolo hanno collaborato col Tribunale per un impegno che , anche in questo caso, è andato ben oltre il dovere professionale – dice Michele Tatti, presidente territoriale di Nuoro e dirigente nazionale dell’Anmil: come associazione abbiamo supportato e supporteremo i lavoratori e i lori eredi che, anche nel caso dell’esposizione all’amianto, sono ancora impegnati nella vertenza per vedere riconosciuti i loro diritti”.
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