Tutti parlano dell’Anfiteatro romano a prova di bomba d’acqua, ma è risaputo che i Romani erano dei grandi ingegneri. In pochi invece raccontano dei danni e dello scenario di degrado che ogni giorno cagliaritani e turisti devono affrontare davanti alla vallata di Palabanda, dove si trova il monumento romano più importante della Sardegna. Infissione di plinti e pilastrature di sostegno, disgregazione ed erosione della pietra, ristagno d’acqua e umidità, che per via della scarsa evaporazione, hanno prodotto dilavamenti e colonie di funghi dannosi per il calcare della costruzione.
Danni materiali ed estetici confermati anni fa dall’ispezione dei tecnici dell’Iscr (Istituto superiore per la conservazione e il restauro) per il ministero per i Beni e le attività culturali: nonostante la rimozione di una parte delle gradinate lignee e la riapertura alle visite del monumento, l’Anfiteatro versa in una situazione disastrosa. Le strutture della “legnaia” (abusiva da circa dieci anni per la scadenza dell’autorizzazione paesaggistica regionale) hanno danneggiato il monumento: la rimozione di ciò che resta delle strutture moderne utilizzate per gli spettacoli dovrà essere eseguita con grande attenzione e sotto la direzione della Soprintendenza archeologica. Il Comune potrà contare solo ed esclusivamente sulle proprie forze, perché per la rimozione i soldi nazionali e regionali non ci sono: lo stanziamento di 6,5 miliardi di lire arrivato in occasione del Giubileo fu usato per la costruzione della legnaia, realizzata dalla giunta Delogu grazie all’autorizzazione della Soprintendenza – allora guidata da Vincenzo Santoni, famoso anche per la vicenda Tuvixeddu, e da Francesca Segni Pulvirenti – e della Regione, e mantenuta con la successiva giunta Floris.
La realizzazione del monumento è databile tra il I ed il II secolo dopo Cristo. La sua struttura risulta in gran parte scavata direttamente nella roccia della collina, sia le gradinate della cavea, sia gli ambienti sotterranei. Il monumento è uno dei pochi anfiteatri romani con cavea naturale (ne esistono appena tre scavati nella roccia) che ormai da troppo tempo attende di ridiventare un sito archeologico, un’attrazione turistica, una bellezza della città. Nel 1999, con i fondi stanziati in vista del Giubileo dell’anno successivo, il Comune di Cagliari approvò all’unanimità (con delibera del Consiglio n.21 del 23 febbraio) un progetto che prevedeva, in vista della stagione lirica, la copertura della platea e delle gradinate dell’anfiteatro, con strutture di legno e metallo.
Il progetto ottenne il nulla osta della Soprintendenza per i beni archeologici e quello dell’Assessorato regionale della Pubblica Istruzione e Beni culturali. Il provvedimento del Comune prevedeva che le strutture da realizzare dovessero essere “quasi interamente amovibili ad eccezione di alcuni locali di modesto volume” e che una volta terminata la stagione lirica, le strutture dovessero essere rimosse. All’inizio dei lavori, davanti alle perforazioni con martelli pneumatici della roccia per la sistemazione dei pali di sostegno, Giovanni Lilliu e Antonio Romagnino protestarono e inorridirono, ma niente fermò la furia devastatrice, che si completò in soli dieci mesi. Si preferì portare gli spettacoli in un sito archeologico per certi versi “sacro”, piuttosto che costruire ex novo una struttura adatta (come aveva suggerito in un piano richiesto dall’amministrazione comunale alla fine degli anni Ottanta, l’architetto Luigi Malgarise, che suggerì una struttura adiacente al sito e non sovrastante). Sulla struttura (dopo la costruzione di passerelle di cemento armato e balaustre in ferro risalenti agli anni Ottanta) furono sistemate migliaia di assi di legno, attorno all’Anfiteatro venne costruita una gabbia metallica, utile per contenere spalti e ospitare più gente possibile. La cavea fu bucata per fissare la struttura metallica, il monumento, simbolo della città, meta di turisti e studiosi, venne snaturato.
Il “Comitato per l’Anfiteatro” promosso da Maria Antonietta Mongiu, Walter Piludu, Marco Pisano e Fanco Masala, portò la protesta al ministro Giovanna Melandri, al presidente del Senato Antonio Mancino, giunti in città per l’inaugurazione della nuova struttura. Al presidente del Consiglio regionale fu consegnato un documento firmato da migliaia di cittadini. Tutto inutile. Poi la beffa ulteriore, alla chiusura della stagione lirica, considerati i costi astronomici, non fu possibile smontare la struttura. L’immobilismo di Soprintendenza e Regione fece il resto. Inutili le proteste della cittadinanza, degli ambientalisti, inutili le iniziative in sede politica regionale (cfr. interpellanza n. 93/A del 18 ottobre 2000), inutile la sentenza del TAR Sardegna del febbraio del 2006. Sono passati tanti anni e “Centuscalas” (come simpaticamente i cagliaritani definivano l’anfiteatro già nel Seicento) è sempre un monumento a metà. Quando verranno rimossi i tubi di sostegno più larghi, i danni saranno evidentissimi. Lo scenario, nonostante il primo intervento dell’attuale giunta comunale (e la riapertura parziale alle visite), anche ora non è certo edificante: attorno al monumento i cumuli di immondezza sono visibili, così come lo sfacelo delle strutture lignee moderne.
Uno scenario degradante a cui deve far fronte il solo Comune di Cagliari. L’intervento di ripristino è competenza dell’assessorato ai lavori pubblici, guidato da Luisanna Marras: “I danni sono evidenti – ammette l’assessore – ma ora è arrivato il momento di eseguire il ripristino insieme alla Soprintendenza”. I tempi non saranno brevissimi, senza contare le “sorprese” che i tecnici incaricati troveranno nelle fasi di smontaggio del secondo e terzo anello. “La rimozione del primo anello è già stata eseguita – continua la Marras – il Comune ha già speso circa 400 mila euro e i risultati sono già evidenti. La pietra liberata dai plinti e dalle strutture lignee respira meglio ora. Adesso puntiamo alla rimozione totale e alla valorizzazione del monumento. È stato stanziato un ulteriore milione e 500 mila euro, entro dicembre manderemo a gara il bando”.
Due note negative: i tempi e la nuova decisione di adibire il monumento a luogo per spettacoli. “Presumibilmente i lavori cominceranno a partire dalla metà del 2015 – spiega l’assessore ai Lavori pubblici – dipende dalle offerte, se sono poche i tempi si accorceranno. Ultimamente però i concorrenti per i bandi comunali sono cresciuti enormemente”. Capitolo spettacoli: “Non saranno certo invasivi come i precedenti – conclude l’esponente della giunta Zedda – e tutto sarà legato alla fruibilità nuova della struttura come monumento”. Lirica, Benigni, De Gregori: tanti spettacoli e artisti si sono avvicendati nell’Anfiteatro Romano senza la legnaia. Gli spalti servirono per portare più persone nel luogo sbagliato (perché con quei soldi si sarebbe potuta costruire una struttura ad hoc nuova in un altro luogo). Sempre in nome del dio denaro (che almeno serva di lezione).
Federico Fonnesu