Diaz, l’avvocato telematico: “Il like su Fb è una manifestazione di solidarietà”

Fa discutere l’uso dei “like” su Facebook dopo il caso del post del poliziotto Fabio Tortosa sul massacro della Diaz al G8 di Genova del 2001 e del “mi piace” del dirigente del Reparto Mobile di Cagliari Antonio Adornato. Il primo è stato sospeso dalla polizia, l’altro è stato sollevato dall’incarico. Non è la prima volta che un gesto così semplice e immediato come un “like” sul social network crea problemi. Ci sono infatti stati casi di denunce per diffamazione, anche minacce di licenziamento o cause di lavoro, magari per aver solidarizzato virtualmente con il collega arrabbiato con il capo. “La differenza – spiega Giambattista Gallus, avvocato ‘telematico’ specialista da 20 anni nel campo del diritto applicato alla rete – con la battuta al bar è che quest’ultima muore lì, sempre che non ci sia una terza persona che diffonde il messaggio, mentre su internet e sul social network il ‘mi piace’ al post viene visto nelle pagine degli amici. E questo, nel campo del lavoro o, se siamo di fronte a una persona che svolge funzioni pubbliche, in certi casi può scatenare delle conseguenze. Esiste, è vero, anche il diritto di critica e le situazioni vanno valutate caso per caso”. La domanda è: ma il “like” virtuale equivale sempre alle parole reali che si pronunciano o si scrivono? “Bisogna valutare i casi singoli – chiosa Gallus – perché, come si sa, il ‘mi piace’ ormai viene usato anche in circostanze in cui normalmente non si usano quelle parole. In generale il ‘like’ di solito è una manifestazione di solidarietà. Non una pacca sulla spalla o un bravo rivolto solo alla persone che ha espresso certe idee o pensieri. Ma è pubblica“.

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