Deposito rifiuti nucleari verso il Lazio: l’Incubo scorie si allontana dall’Isola

Il Lazio è la regione “più interessante perché baricentrico sul territorio nazionale”. Lo ha spiegato l’amministratore delegato di Sogin Emanuele Fontani in relazione ai criteri di potenziale idoneità dei territori per la costruzione del deposito nazionale per i rifiuti nucleari. Dichiarazioni che fanno tirare un sospiro di sollievo alla Sardegna inserita, con 22Comuni, nell’elenco pubblicato a gennaio.

Rispondendo in audizione davanti alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera alle domande sulla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) in cui realizzare il deposito nazionale, Fontani ha aggiunto che esiste una graduatoria dei 67 siti individuati perchè “la legge 31 dà mandato a Sogin di definire classi di idoneità su basi economiche, logistiche e di presenza sul territorio di altre attività come colture agricole” di pregio. “È preferibile avere meno distanza da dove ci sono rifiuti”, ha spiegato il manager indicando quindi il Lazio come “baricentrico sul territorio nazionale”.

I criteri per l’individuazione dei siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito nazionale per i rifiuti nucleari sono “in linea con le migliori pratiche internazionali” secondo quanto indicato dalla legge 31 del 2010. Lo ha spiegato lo stesso Fontani il quale ha spiegato che dopo la valutazione di Sogin, c’è stata quella dell’Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) e quella dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico che hanno dato il nulla osta.

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Per quanto riguarda i 67 siti “non ci sono punteggi in classifica”, ha ribadito Fontani osservando che “avere un unico sito è preferibile per la sicurezza ambientale, la security, la riduzione dei costi rispetto a 20 siti oggi distribuiti sul territorio nazionale”. Peraltro, il progetto del deposito nazionale prevede “quattro barriere di protezione mentre oggi ce n’è una sola”. Il manager ha escluso che qualche sito si trovi in area Unesco mentre “potrebbe rientrare nello stesso Comune o in comune confinante”, e comunque “sono escluse aree naturali protette”. Una valutazione successiva verrà fatta, tuttavia, dal Comune quando si autocandida. Fra i criteri da esaminare c’è quello della “rilevanza agricola locale, che potrebbe essere minoritaria rispetto al valore della costruzione del deposito”. Quella del “pregio agricolo” è una valutazione fatta nel 2015 da Sogin, “su colture di pregio, che contribuiscono al pil nazionale ed esportazione”.

Fontani ha quindi ricordato che “ci sono aree importanti in Europa dove si producono vini eccellenti, come l’area dello champagne, in cui c’è un deposito rifiuti radioattivi” a dimostrazione che non ci sarebbero rischi. “Noi abbiamo fatto una mappa con 67 siti sulla base di dati storici”, ha proseguito Fontani osservando che “nulla vieta che si possa escludere un’area dove c’era una industria non c’è più, o un paese ora disabitato” ma sono elementi successivi che “devono venire fuori, informazioni storiche variate o che possono variare. 67 è un punto di partenza”.

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