Sono arrivati nel primo pomeriggio all’aeroporto di Elmas: uno striscione, un applauso da parte del comitato di accoglienza con l’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio in prima fila. E una nuova vita: Dawit e Mulugeta, fratelli di 25 e 17 anni hanno lasciato il campo profughi in Etiopia, dopo essere scappati dall’Eritrea. “Non volevo fare il servizio militare – ha raccontato il più grande – e sono andato in Etiopia perché chi non indossa la divisa viene arrestato”. Niente avventure nel deserto, niente traversate con il barcone. Il viaggio dei due fratelli è stato sicuro e legale e fa parte del percorso tracciato con l’accordo siglato nel gennaio 2017 dalla Conferenza episcopale italiana (che agisce attraverso Caritas e Fondazione migrantes), Comunità di Sant’Egidio e Governo. Si tratta un corridoio umanitario tra Etiopia e Italia per favorire l’ingresso a profughi eritrei, somali e sud sudanesi fuggiti dai loro Paesi e bloccati nei campi profughi in Etiopia.
“Una situazione molto pesante”, ha sottolineato Dawit. E adesso si può programmare un nuova vita. “Mi piacerebbe studiare”, ha detto parlando con i giornalisti. Lui e il fratello sono i primi sbarcati in Sardegna. Il progetto prevede la possibilità di accogliere cinquecento persone: 327 sono già in Italia. “Oltre ad essere dalla parte del diritto alla mobilità umana universale, con questa azione – ha spiegato don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana – la Chiesa in Italia contrasta il traffico di essere umani e le morti in mare permettendo l’ingresso sicuro di persone costrette a scappare dal loro Paese: hanno il diritto di essere accolte e aiutate”. Miglio ha parlato di accoglienza e attenzione. “Lo ha detto anche il Papa – ha ricordato – le paure non devono farci chiudere il cuore. Questi arrivi sono monitorati e prevedono un programma di accompagnamento nel medio e lungo periodo senza lasciare in strada nessuno. Può diventare un paradigma di come organizzare l’accoglienza”. Si tratta di un progetto totalmente autofinanziato con l’otto per 1000 della Cei, fondi dalla comunità di Sant’Egidio e grazie alla generosità dei cittadini che offrono le loro case e il loro impegno gratuito e volontario.