Gli allevatori sardi di nuovo sul piede di guerra: dopo le proteste del 2019, sono pronti a marciare di nuovo su Cagliari. L’invito arriva dall’associazione Più Sardegna, movimento degli operatori e dei consumatori della filiera agro alimentare della Sardegna.
“La politica nazionale e regionale – questo l’appello – non può far finta che non sia successo niente e che la guerra del latte sia finita”. Le richieste? “Il costo del lavoro del pastore – spiegano – e dei suoi aiutanti familiari, deve essere determinato in misura fissa e per questo non deve essere soggetto alle fluttuazioni del mercato”. Richiesta l’applicazione delle sanzioni previste a carico dei trasformatori caseari e l’obbligo di stipula di contratti triennali per determinare il prezzo del latte a inizio stagione. Richiesto anche un intervento per la modifica del sistema di calcolo del costo medio di produzione del latte ovino, per tutelare il valore della prestazione lavorativa giornaliera e il reddito dei pastori e delle loro famiglie.
“Pretendiamo la determinazione di un prezzo nazionale del latte ovino nazionale e di un borsino regionale che sia indipendente dalle oscillazioni del mercato dei formaggi ottenuti dalla sua trasformazione. In altri termini, i due prodotti devono essere considerati su due piani diversi così come i rispettivi mercati di riferimento. È ora che le regole vengano cambiate e noi tutti uniti, possiamo cambiarle. Riteniamo che l’allevatore debba accollarsi esclusivamente il rischio imprenditoriale connesso alle oscillazioni del mercato del latte e non, come avviene oggi, quello derivante dall’andamento del mercato del formaggio ed in particolare del Pecorino romano Dop, del quale dovrebbero farsi interamente carico i trasformatori industriali”.