“Questa terra non ha prezzo”

La storia di un’azienda agricola modello e di un colosso dell’energia che vorrebbe raderla al suolo. Per costruire una megacentrale a specchi. Ma la famiglia Cualbu è pronta a dare battaglia.

A Flumini Mannu, tra Decimoputzu e Villasor, la famiglia Cualbu c’è da fine ‘800. Il capostipite arrivò da Fonni quattro generazioni fa e oggi gli eredi amministrano un’azienda modello: alcune centinaia di ettari destinati alla coltura dei cereali, stalle per 5mila metri cubi, una vaccheria per l’ingrasso di vitelli, bovini e cavalli, mungitura meccanizzata e carro miscelatore per l’alimentazione dei 1.500 capi ovini. È il frutto del lavoro di una vita, su cui la famiglia continua a scommettere “investendo ogni anno decine di migliaia di euro”, dice Giovanni Cualbu, il capofamiglia, mentre con una mano si pesta l’anca, concentrando tutta la rabbia e la preoccupazione in un attimo. Come dire: “Non è possibile!”.

Il problema è che ora quei fertili terreni li vuole la Flumini Mannu Limited, società collegata alla più conosciuta Energogreen Renewables, che nel bel mezzo dell’azienda dei Cualbu vuole costruire una centrale solare termodinamica da 55 Mwe su 220 ettari. Nell’Isola, degli impianti termodinamici in Sardegna se n’è parlato tanto, specie da quando il gruppo Angelantoni ha abbandonato, snobbandoli, gli uffici della Regione e si è rivolta direttamente al Ministero dell’Ambiente. Uno sgambetto in piena regola, che i politici isolani hanno lasciato cadere nel silenzio. A dare la notizia del passaggio di competenze da Cagliari a Roma era stato il Sole 24 Ore a fine novembre dell’anno scorso.

“Il futuro della Sardegna – sosteneva il quotidiano di Confindustria – passa dagli impianti termodinamici che l’Energogreen vuole costruire nelle aree agricole di Campu Giavesu, a nord, o di Flumini Mannu, a sud”, lasciando intendere che la Sardegna non è in grado di decidere il proprio futuro.

Ma se è opinabile l’idea che dentro quegli scatoloni ci sia il futuro della Sardegna, è invece certo che ci sia quello dei Cualbu, che rischiano l’esproprio nel caso in cui il governo dia il via libera al progetto voluto dall’italiana Angelantoni, in partnership con la giapponese Kyoda. Com’è d’altra parte chiaro che la fattoria dei Cualbu sia una di quelle aziende moderne di cui si invoca tanto lo sviluppo e la valorizzazione.

“Ed proprio perché quest’azienda è il frutto del lavoro di una vita che questi terreni non hanno prezzo”, dice Giovanni Cualbu, che di fronte al crepitare del fuoco spiega che la loro impresa dà lavoro a dodici persone, compresi i figli Salvatore e Maria, laureata in agraria a Sassari.

“Ci affidiamo a nutrizionisti esperti e siamo iscritti ad ogni ordine ed ente che certifichi la qualità dei nostri prodotti. Abbiamo ricevuto anche il marchio Igp”, racconta Salvatore, che ha la valigia pronta per la Fiera di Verona. “Magari c’è qualche nuovo macchinario che fa al caso nostro”, dice.

Poi passa alla Energogreen. “Nel cd di presentazione della futura centrale, sostengono che facciamo ancora la mungitura a mano. Posto che ogni pastore è libero di fare come crede, qui in realtà è tutto meccanizzato dal 1983. I tecnici della società sostengono pure che questi siano terreni aridi. Peccato che le foto le abbiano fatte a luglio, quando i campi sono secchi”. La verità è che nel percorrere le strade rurali che collegano Decimoputzu a Villasor, si rimane colpiti dal verde dei campi, che sotto la luce del sole calante diventava color smeraldo. Ma non c’è molto di bucolico in questa storia, anche perché adesso la battaglia si sposterà sul piano legale.

Tre avvocati sono già stati incaricati di prendere tutte le misure necessarie a bloccare il progetto della Energogreen. “Perché la centrale non la costruiscono nei terreni industriali?”, chiede Salvatore. Che, subito dopo, dà anche la riposta: “Costano di più. E poi noi in Sardegna produciamo già più energia di quella che ci serve. Come se non bastasse, nonostante l’invasione delle centrali che sfruttano energie rinnovabili, le quote di energia generata attraverso la combustione fossile non vengono ridotte. C’è qualcosa che non quadra. In ogni caso, noi restiamo qui”.

Piero Loi

 

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