Cromosoma 21, la sindrome di down diventa racconto

Sardinia Post ha deciso di celebrare la Giornata nazionale delle persone con la sindrome di down attraverso una serie di interviste.

C’è anche Cagliari tra le 200 città italiane dove sono programmati eventi per la Giornale nazionale delle persone con sindrome di down. Sardinia Post ha deciso di celebrare l’appuntamento attraverso i racconti dei ragazzi e delle famiglie che da anni si riuniscono alla onlus di via Monte Sabotino, una storia cominciata nell’82 su iniziativa di cinque coppie di genitori.

Nell’associazione si sono conosciuti, quando ancora erano bambini, Simone Nieddu e Andrea Zoccheddu: 24 anni il primo, primatista mondiale dei 400 piani; 27 il secondo, cintura nera di judo (ecco cosa hanno detto). Ma a parlare sono pure le mamme dei due giovani: Vittoria Serra (qui la testimonianza) e Rita Auriemma (qui il suo racconto). Le due donne sono state ringraziate dai rispettivi mariti in quest’altra intervista.

La storia del Centro down la ricorda il segretario, Sandro Deiana. “Allora – dice – era un tabù parlare della sindrome, quasi fosse un disonore avere un figlio down. La nostra associazione ha contribuito ad abbattere quel muro di omertà, grazie alla forza dei genitori che hanno sentito il dovere di condividere esperienze, preoccupazioni, dubbi e paure. Ma anche la felicità di crescere un figlio diverso”.

Nella provincia di Cagliari sono circa 150 persone le persone con la sindrome di down. Non si conoscono invece i numeri regionali. “A rendere difficile il censimento – spiega Deiana – è proprio il retaggio del tabù che continua a rendere invisibili i ragazzi con la sindrome diventati ormai adulti”. Un onlus di settore è comunque presente a Oristano e fa sempre parte del Coordown che ha organizzato la giornata nazionale (quella mondiale si festeggia il 21 marzo).

Resta il fatto che fuori dalle garanzie genitoriali, il rapporto con la diversità è ancora un equilibrio fragile: la società, per un verso, è diventata inclusiva rispetto alle differenze, anche addolcendo il proprio linguaggio. Ma poi non fa che scoprirsi impreparata quando si arriva al contatto. Il più delle volte quello che succede è un goffo tentativo di riconoscere il diverso non per trattarlo allo stesso modo, ma per proteggerlo in quanto differente.

“C’è però un muro che resiste – conclude il segretario della onlus _: è l’integrazione lavorativa delle persone con la sindrome di down. La Sardegna, purtroppo, non fa un’eccezione e risulta in linea coi trend nazionali di basse assunzioni e una legislazione che, a ben vedere, non si è rivelata efficace”.

La sindrome è chiamata anche trisomia 21, perché questo è il numero del cromosoma che la determina, sviluppandosi tre volte anziché due. In Italia, nasce down un bambino ogni 1.100-1.200, fino a far contare ogni anno dai 3mila ai 5mila nuovi casi. Ma se fino alla Seconda guerra mondiale l’aspettativa di vita era di 12 anni e negli anni Ottanta di 33, oggi è salita sino a 62 grazie al progresso della medicina (al. car.)

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