di Giorgia Meloni
Rendere la scuola un centro educativo comunitario aperto sino alla tarda sera. È l’obiettivo del progetto “CresciScuola” organizzata da Riverrun Ets e patrocinato dal Comune di Cagliari
Alla giornata di divulgazione, questa mattina alla mediateca del Mediterraneo di Cagliari, erano presenti pedagogisti, psicologi, dirigenti e insegnanti. “Occupiamo processi trasformativi dal basso e cerchiamo di individuare la trasformazione sociale e culturale nel suo nascere – spiega Lorenzo Mori, presidente del Riverrun Ets e progettista culturale – . L’idea è raccontare cosa sta accadendo e cercare di capire come connettere i vari pezzi fra di loro per potenziare il processo di trasformazione della scuola”.
Sono stati esplorati i processi in atto che vanno a coinvolgere l’ente pubblico e quelli no-profit, il modo dell’impresa che si occupa di fare informazione, le cooperative già dentro i patti educativi di comunità che portano il lavoro sul campo. Lo scopo finale è quello di rendere la scuola da un non luogo, a un luogo.
“Mi sono sempre domandata da insegnante perché la scuola, un luogo dove si generano idee di ogni tipo, a una certa debba chiudere – racconta la presidente della commissione consiliare Pubblica istruzione Paola Mura –. L’idea di Scuole aperte e dei patti educativi risponde a questo progetto di cooperare e creare un insieme. Bisogna concepire i nostri istituti in modo che servano per realizzare qualcosa di credibile e fattibile”.
Nel suo intervento l’assessora comunale alla Pubblica istruzione Giulia Andreozzi parla dei patti educativi di comunità: saranno il futuro e l’unico modo per poter aprire la scuola al territorio e viceversa, facendo in modo che vi sia uno scambio costante per creare un presidio di benessere e creazione.
“Noi siamo il grimaldello da usare per far funzionare quelle scuole identificate come un caso da gestire e che mettono insieme le forze delle comunità strettamente intese: l’Amministrazione comunale non può essere solo partecipante ma parte attiva – evidenza l’assessora –. Stiamo lavorando e cercando di mettere insieme gli attori nel territorio. Ci attiviamo quando ci viene proposto un patto educativo di comunità per dare supporto alle scuole per poi mettere in campo le risorse”.
Presente all’incontro Marianna Orrù del consiglio di amministrazione di Fondazione Sardegna, che è fondazione di origine bancaria e tra le prime dieci in Italia. Afferma: “Noi abbiamo la possibilità e la capacità per statuto di modellare e costruire bandi sartoriali, abbiamo enormi quantità di risorse che nel tempo stanno aumentando. Non ci possiamo caricare i problemi della Sardegna sulle spalle – prosegue – ma possiamo dare un contributo e chiediamo che ci prendano come modello. Stiamo cercando di mettere in rete i vari patti perché così si possono creare connessioni positive. E dimostra quanto da parte nostra ci sia la volontà di sostenere le iniziative”.
A raccontare in maniera diretta i casi dove la comunità risulta protagonista è il presidente del MoVi Gianluca Cantisani, il quale riporta il punto di vista di volontariato che non è fatto solo di servizi o aiuto a persone bisognose. In mano ha lo strumento della politica generativa, intercetta ciò che accade nel territorio e interviene. “Per fare una cosa del genere – specifica – servono tutti i patti educativi, i progetti. Tutto questo esiste perché si è creato prima un patto d’intesa con la scuola. Se siamo capaci di leggere quello di cui ha bisogno il territorio abbiamo già fatto tanto. Dipende da tutti, non solo dalla scuola e dal comune”.
Il co-fondatore di Nuxi e digital .nnovation manager Riccardo Raccis ha raccontato del decreto ministeriale 66, per cui la scuola e la sua organizzazione con tutti i suoi livelli affronti la digitalizzazione nell’ambito delle competenze digitali. “È una bella sfida – ammette – perché queste competenze vanno cercate e non è poi semplice trasferirle. Con Scuole aperte partecipate dobbiamo ragionare sul perché lo stiamo facendo. La digitalizzazione ci permette di essere più inclusivi e facilita il lavoro”.
In conclusione un’ultima riflessione: i presenti sono stati invitati a trascrivere su un post-it sia i freni che rallentano la creazione di una rete collaborativa condivisa che i motori.