Protesta di una parte dei barracelli sardi a causa del trattamento economico che non sarebbe adeguato a questa fase di emergenza da coronavirus. Nel mirino finisce la Regione colpevole di “discriminare” il lavoro nonostante “siamo al servizio delle comunità”. I rappresentanti dei barracelli dicono: “Svolgiamo un servizio essenziale, su più fronti e con compiti diversi, ma spesso il nostro impegno non è riconosciuto dalle istituzioni”. Certo, “è normale che ci siano dei limiti in una fase in cui mancano risorse anche a settori strategici come la sanità – ammettono – ma noi siamo agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria“.
Per quanto riguarda la parte economica “chi legifera non ci dà attenzione, anche nell’emergenza e affrontando i rischi di altri, abbiamo lo stesso trattamento economico di 70 centesimi di euro all’ora, come quando non c’è emergenza”. Le amministrazioni, insistono, “prendano seri provvedimenti per l’inquadramento del personale del comparto barracellare”. Non solo: “Di recente l’assessorato regionale agli Enti locali ha detto che in Sardegna mancano agenti di polizia locale e non è vero perché nell’isola ci sono seimila agenti di pubblica sicurezza nel comparto di polizia locale, barracelli compresi”.
E se i barracelli, per l’assessorato da cui dipendono, non sono agenti di polizia locale, “allora abbiamo diritto a disattendere i compiti affidatici in quest’ambito”, attaccano. “Presidente, giunta, consiglio e competenti uffici regionali smettano di discriminarci. Garantiamo un servizio alla comunità, con serietà e senso dello Stato – concludono – non abbiamo mai chiesto niente, esigiamo che si riconosca ciò che garantiamo”.