Come vivere su Marte: il laboratorio è a Cagliari, nei sotterranei di Ingegneria

Vivere sulla Luna, o addirittura su Marte? Un’idea affascinante che ha riempito pagine di libri di fantascienza e chilometri di pellicole cinematografiche. A Cagliari c’è invece uno spazio dove la vita fuori dall’orbita terrestre è presa davvero sul serio: qui si immaginano case, architetture, coltivazioni, perfino la produzione del cibo.

Ci troviamo nei sotterranei di piazza D’Armi, al secondo sottopiano della Facoltà di Ingegneria: il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali ha messo in piedi un laboratorio con strumenti e macchine all’avanguardia, alcune uniche in Italia, dove si pensa alla vita nelle missioni spaziali. Un’immagine che sembra lontanissima ma in realtà non lo è: “Lo sbarco su Marte è progettato per il 2030 – racconta Giacomo Cao, direttore del Dipartimento – tra soli quindici anni: ecco perché stiamo concentrando la nostra attività di ricerca in questo ambito. Si aprono nuovi scenari per l’applicazione di processi e tecnologie per la vita degli astronauti su un altro pianeta”.

Cao e la sua squadra di collaboratori da qualche anno si muovono proprio sul settore spaziale; nelle scorse settimane hanno conquistato la concessione sulla richiesta di brevetto negli Stati Uniti e nella Repubblica Popolare Cinese a proposito di un’idea nata dentro il Dipartimento cagliaritano e sviluppata insieme a Crs4 e Agenzia Spaziale Italiana.

“Si tratta di un processo per la produzione di beni e materiali su Marte – spiega Cao, che ha studiato l’idea insieme ai ricercatori sardi Alessandro Concas, Gianluca Corrias, Roberta Licheri, Roberto Orrù e Massimo Pisu – grazie a questo sistema abbiamo messo a punto un processo per la produzione di ossigeno, acqua potabile e irrigua, fertilizzanti, propellenti, biomassa edibile”.

Giacomo Cao, Roberta Licheri, Giancluca Corrias con la macchina che sperimenta l'assenza di gravità
Giacomo Cao, Roberta Licheri, Giancluca Corrias con la macchina che sperimenta l’assenza di gravità

In parole semplici semplici, sulla base del processo brevettato, si potranno produrre acqua, cibo, idrogeno come propellente usando l’atmosfera e il suolo del pianeta rosso. Un risultato potenzialmente enorme, se si considera che gli astronauti che vivono oggi sulla stazione spaziale internazionale (la stessa sui cui qualche mese fa hanno lavorato Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti) portano con sé tutto l’occorrente dalla terra.

Il processo è piuttosto complesso, ma il professore prova a schematizzarlo: “Abbiamo pensato a due sezioni, cioè complessi di apparecchiature, impiantate su Marte: una dedicata al processo chimico-fisico e una per quello biologico. Queste due sezioni utilizzano l’atmosfera e il suolo del pianeta rosso, e attraverso complessi procedimenti di trasformazione, alcuni dei quali già utilizzati sulla stazione spaziale orbitante, si può arrivare a estrarre l’acqua e l’ossigeno. Dal suolo poi si può ottenere anche suolo marziano disidratato che può essere utilizzato per strutture e costruzioni sulla base di un altro processo recentemente ideato e brevettato”.

Il laboratorio infatti custodisce già elementi strutturali creati proprio con simulanti del suolo che si trova su Marte: un’altra idea, quella dei ‘mattoncini’, che ha avuto il brevetto due anni fa. Eccolo, il suolo marziano: una decina di chili di polvere dentro un bidone di plastica. Rossa, come si sa, perché ricca di ossidi di ferro. “È una riproduzione della terra di Marte, si acquista da una società americana che è riconosciuta dalla Nasa; la usiamo per gli esperimenti, insieme alla polvere che simula il suolo della Luna”. Oltre alla polvere marziana e quella lunare il laboratorio conserva altre affascinanti sorprese: tra queste c’è il macchinario dove si ‘coltivano’ le alghe che sul pianeta rosso potrebbero fornire cibo e ossigeno, si sperimenta la stampante 3D per creare oggetti e strutture e si testano le attrezzature per studiare la vita in assenza di gravità.

Apparecchiatura per la produzione di elementi strutturali montata sul velivolo che effettua i voli parabolici per simulare le condizioni di assenza di gravità
L’apparecchiatura per la produzione di elementi strutturali montata sul velivolo
che effettua i voli parabolici per simulare le condizioni di assenza di gravità
L'aereo che effettua voli parabolici per simulare le condizioni di assenza di gravità
L’aereo che effettua voli parabolici per simulare le condizioni di assenza di gravità

“Se queste idee verranno sviluppate e applicate – prosegue Cao –  gli astronauti potranno progettare missioni di una certa durata, dato che i beni di sostentamento si creeranno direttamente sul pianeta. Se per raggiungere la Luna ci vogliono tre giorni, per approdare su Marte si impiegano sei mesi, quattro se il nuovo vettore dell’azienda SpaceX di Elon Musk sarà operativo: le missioni marziane dovranno necessariamente durare un tempo lungo e serviranno tecnologie utili a economizzare le risorse per l’habitat degli astronauti”.

Perché l’idea sia operativa manca però un altro tassello: la costruzione dei “dimostratori terrestri”, cioè gli impianti che, una volta collaudati sulla Terra, potranno essere impiantati su Marte. Un costo di circa dieci milioni di euro, tutto sommato non eccessivo se si considera l’eccezionalità del progetto e le sue ricadute future nella ricerca scientifica.

Francesca Mulas

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