Più di 30 pugnalate con un coltellino a serramanico, all’addome, alle braccia e alle mani. È questo che ha provocato lo choc emorragico che ha portato alla morte di Chiara, la 13enne uccisa sabato dalla madre a Silì, una frazione di Oristano. L’autopsia, eseguita oggi all’ospedale San Martino di Oristano dal medico legale Roberto Demontis, ha escluso invece la morte per soffocamento: il cavetto della batteria di un cellulare stretto intorno al collo sarebbe stato usato come una briglia per tenere ferma la giovanissima vittima.
La tragedia è avvenuta sabato. La madre, Monica Vinci, di 52 anni, dopo aver ucciso la figlia ha tentato il suicidio lanciandosi dalla finestra della loro casa. A provocare l’emorragia sono stati i colpi al ventre che hanno raggiunto gli organi vitali, mentre le coltellate alle braccia e alle mani sono il risultato dello strenuo tentativo della ragazza di difendersi.
Il medico legale ha chiesto 90 giorni di tempo per l’esito degli esami istologici prima di consegnare la relazione al pm di Oristano, Valerio Bagattini, che coordina le indagini. Il corpo di Chiara è stato restituito al padre, Piero Carta, agente della polizia locale di Oristano. I funerali sono stati fissati per giovedì nella chiesa parrocchiale di Silì. Monica Vinci è attualmente piantonata all’ospedale San Martino di Oristano, trasferita dal reparto di Psichiatria di Sassari dove era stata inizialmente ricoverata dopo il tentativo di suicdio. Per lei – che è ancora sedata e non può rispondere alle domande degli inquirenti – è scattata l’accusa di omicidio volontario.