Caso Becciu, l’arresto della consulente: Marogna non accetta l’estradizione

Cecilia Marogna, la manager arrestata a Milano su mandato di cattura dell’autorità giudiziaria del Vaticano nell’ambito dell’inchiesta sul caso dell’ex numero due della Santa Sede, il cardinale Angelo Becciu, oggi davanti alla quinta Corte d’Appello milanese non ha dato il consenso all’estradizione.

L’accusa nei confronti di Marogna, che due giorni fa si è vista convalidare l’arresto da parte della quinta Corte d’appello di Milano, è peculato per distrazione di beni. Nel mirino degli inquirenti vaticani sarebbero finiti bonifici per un totale di 500 mila euro che la donna avrebbe ricevuto dalla Santa Sede per operazioni segrete umanitarie in Asia e Africa, e che, quasi per la metà, sarebbero stati utilizzati per l’acquisto di beni di lusso. Tra l’altro, 12mila euro sarebbero stati spesi da Poltrona Frau, 2.200 da Prada, 1.400 da Tod’s, 8mila da Chanel.

La 39enne manager cagliaritana avrebbe stretto relazioni con la Segreteria di Stato vaticana nel 2016, quando il cardinale Angelo Becciu era Sostituto per gli Affari generali – praticamente il numero tre nella gerarchia vaticana -, accreditandosi come esperta di relazioni diplomatiche e mediatrice nelle crisi internazionali. In possesso di una lettera firmata da Becciu che la indicava come persona di sua fiducia, quella che la stampa ha già definito la “dama del cardinale” avrebbe beneficiato del denaro in diverse tranche fra il dicembre 2018 e il luglio dello scorso anno sul conto corrente della Logsic, la società slovena, con sede nella capitale Lubiana, di cui risulta amministratrice.

La 39enne cagliaritana, stamane, da quanto si è saputo, si è presentata in aula per l’identificazione e ha negato il consenso all’estradizione. La decisione se consegnare o meno al Vaticano spetta comunque ai giudici della quinta Corte d’Appello. Il loro provvedimento è comunque impugnabile in Cassazione e diventerà esecutivo soltanto dopo la pronuncia definitiva dei giudici della Suprema Corte.

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