La situazione delle carceri isolane diventa sempre più critica a causa dell’alto numero di detenuti e la carenza di personale a disposizione. A denunciare la situazione è Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione ‘Socialismo diritti riforme’ che sottolinea soprattutto la carenza di direttori. Per quanto riguarda i numeri, sono “2.189 i detenuti di cui 1.743 definitivi. Gli stranieri sono in media quasi il 31 per cento e oltre cinquecento sono i ristretti” soggetti a regimi carcerari più duri come il 41bis. Una situazione vicina al collasso anche perché “in Sardegna l’estate si caratterizza per la presenza di molti reclusi, pochi agenti penitenziari ed educatori e uno sparuto numero di direttori che sono quattro per dieci istituti – sottolinea Caligaris – una vergogna nazionale che sembra non interessare né il vertice del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria né il ministero della Giustizia“.
Il numero esiguo dei direttori è “ormai diventata prassi consolidata basti pensare che Marco Porcu, direttore del carcere di Uta, deve curare anche la colonia penale di Isili e l’Istituto di Lanusei con un numero di detenuti complessivo superiore alle 700 unità“. La situazione non è diversa per la responsabile di Badu e’ Carros, Patrizia Incollu che “deve gestire anche la Casa Circondariale di Sassari e la Colonia di Mamone per un totale di 843 reclusi“. Restano poi da considerare i detenuti di Alghero, Tempio Pausania, Is Arenas e Oristano assegnati a Elisa Milanesi e Pierluigi Farci, quest’ultimo anche vice provveditore dell’amministrazione penitenziaria. Si tratta di oltre 630 persone private della libertà, alcune con reati di alto profilo”.
Una denuncia da parte di Caligaris che in questo quadro sottolinea che l’assenza di direttori e dei loro vice “rischia di trasformare il lavoro dei responsabili degli istituti in una routine burocratica in cui le carte da firmare possono diventare l’elemento dominante della quotidianità a discapito del delicato ruolo di mediazione tra le diverse figure professionali, le problematiche di gestione del penitenziario e di conoscenza dei detenuti che ne caratterizza il tratto culturale. In queste condizioni inoltre fruire di qualche giorno di riposo sarà davvero difficile per i direttori”.
Il sistema carcerario isolano – conclude la presidente di Sdr – sembra proprio trascurato. Appare come un’organizzazione lasciata alla responsabilità dei singoli operatori. Sarebbe opportuna un’azione congiunta tra governo regionale e parlamentari sardi almeno per richiamare l’attenzione sulla necessità del rispetto per chi svolge il proprio lavoro e per chi deve scontare una pena nella prospettiva di un reinserimento sociale. Due aspetti che devono procedere insieme per ottenere risultati positivi”.