Capodanno, i piatti per l’anno nuovo: diciassette ricette degli chef sardi

Diciassette piatti per salutare il 2018 e battezzare l’anno nuovo. Anche per capodanno abbiamo deciso di coinvolgere una nutrita schiera di chef e cuochi sardi chiedendo loro un piatto, una ricetta, un pensiero. Il risultato è una mappa interessante – anche se necessariamente parziale – della nuova cucina sarda: quella che parte dal territorio e dalla tradizione ma riesce a dire cose nuove, esaltando al massimo le materie prime attraverso l’utilizzo di tecniche innovative e grazie a una creatività e una fantasia che si nutrono di cultura, ricerca e contaminazione. Dalla Gallura ad Alghero giù giù fino alla Barbagia, alla provincia di Oristano, al Sulcis e al Cagliaritano, ecco sedici spunti gustosissimi per i vostri cenoni. Buon appetito.  (A cura di Andrea Tramonte)

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Cristiano Andreini, Al refettorio

Carciofi, guanciale e pecorino. Il piatto nasce per valorizzare i prodotti di eccellenza che trovo vicino al ristorante: lo zafferano, i carciofi e il pecorino, il guanciale e la sapa. Mi piace pensare che possa venir gustato senza le posate, ma solo con il pane tipico algherese. I carciofi in questo momento sono l’elemento principale del mio menù e guanciale di Atzara e pecorino di Pattada sono l’abbinamento naturale. Cuocere le uova in acqua a 62 gradi per 45 minuti, quindi raffreddare in acqua e ghiaccio e poi ripristinare a 60 gradi. Pulire i carciofi e farli soffriggere in olio extravergine abbondante, con aglio tagliato a metà, acciughe e menta. Dopo una decina di minuti di rosolatura aggiungere il sale, un terzo di vino bianco, un terzo d’acqua e portare a cottura. Realizzare una fonduta in bagnomaria con il pecorino, la ricotta, zafferano in stigmi e scorze d’arancio. Per impattare: alla base la fonduta di pecorino calda, i carciofi alla menta tagliati e lanciati in padella; al centro l’uovo cotto a bassa temperatura; sopra l’uovo disporre una fettina di guanciale affumicato e qualche goccia di sapa e menta fresca.

Salvatore Camedda, Somu

Quaglia arrostita pecorino e senape. Ogni volta che vedo una quaglietta mi ritorna in mente la mia infanzia quando mio padre mi faceva un piatto per me eccezionale. Una quaglia ripiena con delle patate che andava a raccogliere nel suo orto assieme a delle erbe. Era una festa. Prima preparavamo il ripieno facendo una sorta di purè una volta ripiene le quaglie. Ci mettevamo ad arrostire davanti al camino. Una volta cotta andavamo a versare sopra una fondutina di pecorino fuso. Ho voluto rivisitare questo piatto e dare omaggio ad un ricordo per me molto caro.

 

 

 

 

 

 

Stefano Deidda, Dal Corsaro

Piccione, liquirizia e ribes. Puliamo i piccioni, separiamo le cosce e la punta delle ali. In sostanza dobbiamo avere da una parte i petti con la cassa toracica e il dorso (senza testa, eliminando la trachea ma non la pelle del collo e gli organi interni), dall’altra cosce e alette che utilizzeremo per lo jus di piccione. Prepariamo la salamoia, immergiamo i piccioni per circa venti minuti, quindi li asciughiamo e li conserviamo avvolti nella carta assorbente. Prepariamo lo jus di piccione tostando le ali e le cosce in forno, spennellate con il burro chiaro e infornate a 140°C per un’ora circa. Diversamente procediamo in modo classico con la caramellizzazione in lionese con il burro chiarificato. Tostiamo sedano, carota e cipolla, mettiamo carne e verdura in marmitta con acqua e abbondante ghiaccio. Facciamo sobbollire ber circa otto ore e filtriamo. Mettiamo una notte in frigo, eliminiamo il grasso che affiora e riduciamo la salsa a glassa. Cuociamo il cavolo cappuccio nel latte con un poco di burro, altrimenti sottovuoto. Omogeneizziamo con il Bimby in modo da ottenere una crema perfettamente liscia. Aggiustiamo di sale. Cuociamo i ribes in casseruola con poco zucchero e un cucchiaio di aceto di mele. Rosoliamo i piccioni in padella antiaderente avendo cura di dorare bene il petto su tutti i lati. Inforniamo a 170°C per sette minuti e lasciamo riposare in un cassetto riscaldato a 38°C. Scalziamo i petti e li tagliamo a metà per lungo (quindi da un piccione scalziamo la parte destra e sinistra del petto e otteniamo così due parti. Ogni parte va tagliata per lungo e otteniamo così quattro pezzi da ogni piccione. Così avremo due porzioni per piccione). In piatto piano mettiamo la salsa di ribes, la crema di cavolo, sulla crema grattiamo la radice di liquirizia. Nappiamo la carne con lo jus di piccione.

Alberto Iacoboni, Salsamenteria

Triglia, bieta e aglio nero. Questo è un piatto che non ha particolari legami sentimentali, ma mi piace il suo sapore e mi capita di farlo spesso per capodanno. È una semplice triglia scottata, con una bietola ripassata che arricchisco con un fondo che ricavo dagli scarti della triglia e dell’aglio fermentato. Per la triglia: squamarla, sfilettarla stando attenti a tenerla unita alla coda, spinarla e rosolarla in padella per entrambe i lati. Per il fondo, tostare le spine in pentola, aggiungere acqua e far ridurre fino a ottenere un composto denso, filtrarlo e metterlo da parte. Per l’aglio fermentato (si può acquistare già pronto): lo faccio bollire con un po’ di latte quando è abbastanza ristretto, frullo e setaccio per ricavarne una crema setosa. Per le bietole: le sbianchisco due minuti in acqua bollente, le raffreddo nel ghiaccio e poi le condisco con un olio aromatizzato con aglio e acciughe.

Mauro Ladu, Cucina.Eat

Freguledda in brodo di gallina e tartufo bianchetto di Laconi. Per la fregula: impastare semola e acqua in un recipiente in terracotta e con un movimento circolare formare la fregula, delle piccole palline irregolari. Una volta giunti a consistenza desiderata setacciare e essicare in forno. Per il brodo di gallina: prendere una pentola d’acqua metterci la gallina e unire zafferano, armidda, cardamomo, coriandolo, altri aromi e Nasco di Cagliari Secco. Cuocere per 3 ore a fiamma moderata . Schiumare. Una volta pronto filtrare, spolpare la gallina e condirla con finocchietto olio sale e pepe. Cuocere la freguledda nel brodo di gallina. Prendere un piatto, metterci la freguledda, la polpa di gallina precedentemente condita il tartufo bianchetto di Laconi, e finire con le cimette di finocchietto è un filo d’olio.

Leonardo Marongiu, Hub Ristorante – Accademia Casa Puddu

Risotto cacio e pepe di Timut. garusoli, aglio dolce e polvere di prezzemolo. Un piatto fortemente legato al territorio, che sia di buon auspicio per il 2019. Riso carnaroli, che ormai ha trovato in Oristano un ambiente naturale, pecorino romano che rimane un classico dei prodotti sardi, garusoli dei nostri mari e aglio e prezzemolo che sono sempre molto presenti nelle ricette della tradizione. Prepariamo un risotto classico con brodo vegetale che mantechiamo con pecorino e limone. Una volta mantecato lo serviamo nel piatto, ci adagiamo sopra i garusoli bolliti e poi arrostiti in padella e concludiamo con il purè di aglio dolce e polvere di prezzemolo.

Paolo Meloni e Lorenzo Chialda, Cerchio Rosso

Misto mare in diverse cotture, erbe e lime. Facciamo questo piatto con l’intento di dare ai prodotti del mare il massimo risalto, in diverse consistenze, in chiave invernale. Facciamo una crema di fagioli bianchi sardi (quelli di Austis sono i migliori). La crema ci piace il più possibile neutra, con solo un po’ di aglio soffritto: sarà la base del piatto. Su di essa comporremo un misto di pesce in diverse cotture e consistenze. Per i crudi scegliamo gamberi rossi, scampi e seppiette, quelle piccolissime, tagliate fini. Il crostaceo dà una nota grassa al piatto, mentre il crudo di seppia è particolarmente fresco, con note acidine. La nota dolce la darà la triglia, che decidiamo di scottare un istante in una padella di ferro rovente. Croccantezza e sapidità saranno compito delle cozze, che apriamo in padella, tenendo la loro acqua da parte. Le togliamo dal guscio e le paniamo nella semola per friggerle. In questo modo garantiamo croccantezza. Precedentemente abbiamo essiccato il verde del porro tagliato sottilissimo e altre erbe dal tono invernale: timo e maggiorana vanno benissimo. Disporremo il tutto in ordine sparso sul piatto. Infine per dare al piatto maggiore profumo e freschezza, oltre che un’ulteriore consistenza, facciamo un infuso con l’acqua delle cozze e la scorza di lime. Aiutandoci con la lecitina di soia montiamo l’infuso per ottenere un’aria piacevolmente agrumata che poseremo sulla parte di crudo di questa tavolozza. I fagioli sono una base perfetta per avvolgenza ed eleganza: riescono a sostenere tutte le diverse tonalità di sapori e profumi “pulendo” piacevolmente la bocca del commensale che può ripartire dal boccone successivo.

Nicola Perra, Sa Scolla

Tagliatelle al ragù di quagliette e riduzione di mirto. Sono molti anni che non festeggio il capodanno in casa con la mia famiglia, avendo girato a lungo per motivi di lavoro. Il ricordo della cena dell’ultimo dell’anno erano le quagliette arrosto, che avevamo in casa, condite con il mirto perché era il periodo della raccolta. Quindi ho pensato di proporre un piatto con questi due elementi. Per il ragù: disossare le quaglie e fare a cubetti le cosce e i petti. Scottarli leggermente con un fondo di cipolle, aglio e alloro. Sfumare col vino e mettere un cucchiaio di fondo bruno (dalle carcasse delle quaglie). Per la riduzione di mirto, fare uno sciroppo con un litro d’acqua e 300 grammi di zucchero e far bollire, raffreddare e mettere a macerare 1 kg di bacche di mirto per dodici ore. Dopo scolare, aggiungere aromi a piacere e far ridurre sino a consistenza desiderata. Le tagliatelle: 300 grammi di farina e tre uova. La riduzione di vino a giro a fine piatto.

Achille Pinna, Ristorante da Achille

Insalatina di astice alla catalana. Propongo un piatto che verrà servito da noi in ristorante a Capodanno. Per prepararlo, innanzitutto portare a bollore l’acqua per la cottura dell’astice aggiungere il sale (35 grammi per litro). Immergere gli astici e fare sobbollire per otto, nove minuti. Spegnere il fuoco e lasciare ancora quattro minuti. Scolare, abbattere di temperatura e aprire gli astici. A quel punto estrarre la polpa dalle chele. Preparare la salsa frullando e filtrando tutti gli ingredienti. Preparare una insalatina con i datterini, il sedano sfibrato e le cipolle rosse: condire con un filo d’olio, sale e pepe. Per impiattare, disporre in una fondina la salsa e l’insalatina, poi la polpa dell’astice. Guarnire a piacere con germogli, fiori ed erbette. Infine servire con un filo d’olio buono.

Luigi Pomata, Ristorante Pomata

Ventresca di tonno in crosta di pane e prosciutto con bietole ripassate e in crema al wasabi. La ventresca di tonno ricca è rotonda al palato ed è da sempre un piatto legato alla feste, un augurio di abbondanza per il nuovo anno. Accompagnata dalla bietola a foglia verde poi ci farà sentire meno in colpa per le abbuffate delle feste e pieni di buoni propositi per il nuovo anno. Pulire la ventresca e privarla delle parte filamentose. Ricavarne quattro porzioni. Mettere il prosciutto su una teglia con carta forno e far essiccare a 60 gradi centigradi per una notte. Tritare il prosciutto. Preparare il trito mettendo il pane, il prosciutto, pepe misto a piacere e buccia di limone. Lavare le bietole e sbollentarle per qualche minuto in acqua salata. Raffreddarle subito. Eliminare i gambi e frullarli assieme a qualche foglia, il wasabi e olio evo sino ad ottenere una salsa verde e cremosa. Panare la ventresca. In una padella in ferro con olio, far dorare il tonno ambedue le parti, mettere in forno a 180°C per cinque minuti. Tagliare la ventresca in due parti Lasciar riposare in ambiente caldo. Saltare le bietole in padella con olio. Impiattare e servire.

Gianfranco Pulina, Ristorante Golden Gate

Fregula sarda cotta come un risotto, con arselle e bottarga di muggine. Per Capodanno ho pensato a un classico identitario della nostra cucina, la fregula impreziosita con i prodotti del mare. Vuole essere un augurio per un nuovo anno che spero parta dal ritorno a ciò che siamo: un popolo con grandi tradizioni apprezzate ormai in tutto il mondo. Anche quelle culinarie: bisogna ripartire da ciò che eravamo, senza pensare che le tradizioni siano obsolete e vecchie. Partire dal proprio territorio aggiungendo poi la giusta innovazione e creatività. Procedimento: in una casseruola mettere due litri di acqua di sorgente con un sedano, una patata, una carota e una cipolla e portare a ebollizione. In un’altra padella mettere le arselle con un po’ di olio extravergine, aglio e prezzemolo tritati, chiuse con un coperchio e farle aprire a fuoco lento. Aggiungere la fregula e mandare in cottura per circa sette, otto minuti aggiungendo poco alla volta il brodo vegetale. A cottura ultimata servire la fregula su un piatto fondo con dei cubetti con una spolverata di bottarga di muggine, un filo di olio crudo e delle erbette spontanee.

Marina Ravarotto, Chiaroscuro

Raviolini in brodo chiarificato di pecora ripieni di casu axedu. L’idea è quella di unire acidità con un sapore dolce in bocca attraverso un ricordo che deriva da diversi piatti storici della Sardegna. Un brodo importante insieme a un raviolo. Questo piatto l’ho presentato a un evento che si è svolto di recente a Cardedu, il festival Terra dei centenari dedicato alla longevità e ai suoi segreti, ed è uno dei piatti del menù di capodanno del ristorante. Innanzitutto prepariamo il brodo di pecora – noi utilizziamo la versione chiarificata della nostra versione del filindeu. Per i ravioli, facciamo un impasto con uovo e semola e all’interno ci mettiamo il casu axedu, condito con olio sale e pepe. Per la forma del raviolo usiamo uno stampo. Procediamo con una precottura a vapore nel forno per due minuti e poi successivamente li passiamo nel brodo, cuocendoli per altri due minuti. Infine uniremo una brunoise di sedano e carote. Nel piatto in uscita metteremo l’olio Ghermanu dell’azienda Puligheddu di Oliena.

 

 

 

Alberto Sanna

Sa simbua fritta alla campidanese. Una ricetta tradizionale con un pizzico di creatività e cura nell’impiattamento, sempre creata con ingredienti che valorizzano il territorio. In questo caso la versione da me proposta viene fatta con la semola di grano duro Cappelli di Fabrizio Pittau di Sanluri, cotta in acqua salata insaporita con lo zafferano di Nicola Cabiddu di Samassi: è un procedimento simile alla polenta, che una volta rappresa viene poi tagliata a cubetti e scottata in padella. Questa preparazione viene poi accompagnata da una salsa al pomodoro ed erbette aromatiche, dalla ricotta di pecora (o in alternativa capra) stagionata di Aresu Formaggi di Donori, la quale viene ridotta in crema e insaporita con pepe nero e olio evo. Infine aggiungo della salsiccia fresca croccante della Coop. 27 Febbraio sempre del mio paese. Questa preparazione può essere servita come antipasto o come primo piatto.

 

 

Roberto Serra, Su Carduleu

Bruno Sarda stracotta nel vino del Mandrolisai, spuma di broccoli e chips di patate rosse. Per lo stracotto abbiamo usato una carne di vitella legata al nostro territorio e un vino del Mandrolisai, in particolare modo uno di Atzara. Tiriamo la salsa di vino, riduciamo bene il tutto. A parte abbiamo preparato una spuma di broccoli. Prima passiamo i broccoli al tegame, poi li schiacciamo. La purea andrà messa alla base del piatto. Passiamo al vapore delle cimette di broccolo, lessandole a novanta gradi. Mettiamo la carne stracotta al vino sulla purea di broccoli. Intanto avremo preparato delle chips di patate rosse, belle croccanti. Useremo delle foglie di spinaccino fresco a contornare, sopra, mentre sotto la carne sistemeremo un po’ di funghi della nostra zona, gli “antunna”, che scopriremo quindi una volta mangiata la carne. Non usiamone troppi però, massimo tre o quattro, altrimenti nel piatto ci saranno troppi contorni. Sopra invece metteremo la salsa in modo da nappare lo stracotto, e decoriamo con delle cime di finocchietto. La salsa deve essere bella saporita. Il vino è molto corposo, strutturato, e si sente. Una salsa gustosa che dà sapidità al piatto. La carne invece è già condita, essendo stracotta, ed è bella saporita.

Dario Torabi, Old Friend Bistrot

Stufato di manzo con fondo al cioccolato fondente e melagrana. In un cenone che si rispetti non può mancare una carne brasata per lungo tempo, che formi un bel fondo di cottura ricco da raccogliere con una fetta di pane abbrustolito. Ho scelto questa ricetta perché rappresenta le mie origini sardo-persiane-piemontesi. Utilizzo sempre carni locali (per la precisione di Arborea), il melograno, che volentieri cresce in Sardegna, ha una tradizione millenaria in Iran, e il cioccolato piemontese che arricchisce la salsa. Partiamo rosolando 1 kg di manzo (io preferisco sempre tagli non troppo magri per questo tipo di cotture, come il reale, la spalla o la pancia o anche il muscolo, carni economiche di grande gusto) precedentemente infarinata; una volta che sarà dorata togliamo e mettiamo da parte. Nella stessa padella stufiamo una cipolla, due carote piccole e una costa di sedano, un peperoncino e qualche grammo di semi di cumino; quando saranno appassite riaggiungiamo la carne, riportiamo a temperatura e sfumiamo con un goccio di vino rosso secco. Una volta evaporato il vino copriamo con abbondante brodo di carne (o verdure) e chiudiamo il coperchio. Prepariamo un mazzetto aromatico con rosmarino, salvia, timo, maggiorana legati da uno spago in modo da poterlo toglierlo a fine cottura. Dopo un’ora aggiungiamo dieci grammi di cioccolato fondente al 90%. Lasciamo cuocere per altre due ore, finché la salsa non sarà bella tirata e la carne bella morbida. Togliamo la carne dal fuoco e aggiungiamo altri venti grammi di cioccolato. A parte prepariamo qualche patata al forno da servire insieme alla carne. Se lasciata riposare e servita il giorno dopo questa ricetta risulterà ancora più saporita. Assembliamo il piatto mettendo la carne sul fondo del piatto, irrorata dalla sua salsa, qualche patata arrosto, qualche erba fresca e un pungo di chicchi di melagrana, che andranno a dare un tono acidulo e fresco al piatto.

Fabio Vacca, Accademia Casa Puddu

Carne cruda marinata con pane pistoccu integrale soffiato e crema di ricotta mustia. Per il piatto di capodanno ho scelto due elementi pregiati della festa e della tradizione, la carne e il grano, che sono sempre stati alimenti di buon auspicio e simbolo di ricorrenze importanti. Per la carne ho scelto una parte povera, il diaframma. la carne è una Mèlina, razza autoctona del Montiferru (la Mèlina è la razza da cui è stato creato il bue rosso dopo l’incrocio con la modicana). Ho scelto una parte povera e quindi inusuale da utilizzare cruda. Va snervata bene, poi bisogna fare una macinatura con olio a settanta gradi, sapa, aceto di vernaccia, sale, pepe, timo selvatico e un po’ di scalogno tritato fine fine. La carne va poi copiata per dare una forma al momento dell’impiattamento. Il pane pistoccu integrale va prima bagnato e lasciato idratare bene, poi fritto. In questo modo otteniamo una croccantezza friabile. Lo accompagnato con erbette fresche e una crema di ricotta mustia che otteniamo facendo due parti di panna e una di ricotta: viene fatta bollire la panna, si aggiunge la ricotta e si emulsiona.

Francesco Vitale, Cucina.Eat

Panino al vapore, anguilla laccata, cime di rapa e senape. Per l’anguilla: eviscerare e sfilettare l’anguilla privandola anche dalla pelle. Disporre su una leccarda e cuocere in forno a 65°C con dei truccioli di quercia umidi alla base del forno per affumicare. Per la salsa: fare ridurre in parti uguali soia, mirin e aceto di riso sino a che non diventa uno sciroppo. Per le cime di rapa: lavare e mondare le cime di rapa. Saltare con olio, aglio, peperoncino e tenere da parte. Per la spuma di senape: fare una maionese e aggiungere senape di Dijon e aceto di mele. Mettere all’ interno di un sifone e caricare con le bombole per spuma. Per i panini al vapore : impastare farina, acqua, lievito madre, olio e zucchero. Fare riposare per circa un’ora, dopodiché formare delle palline da 44 grammi e chiuderle come se fossero un tacos. Lasciare lievitare per altre due ore e poi infornare a 100°C a vapore per cinque minuti. Assemblare il tutto laccando le anguille cotte con la salsa e finire con cime di rapa, spuma di senape e limone.

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