La cannabis, se assunta durante la gravidanza, può avere conseguenze negative sul sistema nervoso centrale del bambino. È la tesi di uno studio effettuato dai ricercatori dell’Università di Cagliari e guidato da Miriam Melis, in collaborazione con l’accademia delle Scienze Ungheresi a Budapest e l’Università del Maryland a Baltimora.
La ricerca, che esce oggi sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Neuroscience, svelerebbe importanti modificazioni delle aree cerebrali responsabili della gratificazione nei giovani ratti. Questi ultimi infatti mostrano una maggiore vulnerabilità agli effetti di una sola esposizione al Thc a un’età in cui i giovani cominciano a sperimentarla.
Lo studio, iniziato nei laboratori del dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Cagliari nel 2014, ha visto successivamente il coinvolgimento dei due centri di ricerca internazionali ed è finanziato dal National institute on drug abuse americano: in particolare mostra come l’uso di una droga leggera, se assunta durante la gravidanza modifichi la regione cerebrale importante per le emozioni, il piacere e diverse funzioni cognitive, così come fanno cocaina e l’alcol. “Si tratta di un’evidenza molto importante – si legge in un comunicato dell’Università – perché con la crescente legalizzazione e la diffusa percezione di una sua sostanziale innocuità, la cannabis è la droga illegale più usata nel mondo dalle donne incinte, a volte assunta come rimedio per le nausee mattutine o per l’ansia. Gli autori dello studio sperano che la loro scoperta aiuti il processo di consapevolezza riguardo le conseguenze negative sullo sviluppo del sistema nervoso centrale del bambino. D’altronde – conclude la nota – gli studi dimostrano come rispetto ai loro pari questi bambini siano iperattivi, disattenti, più impulsivi e più suscettibili alle psicosi”.