“Mi chiamo Gemiliana Assorgia e sono vittima due volte. Vittima di una brutale aggressione in Vietnam e vittima del Consolato italiano che ha cercato di convincermi in tutti i modi a lasciare quel Paese senza ottenere giustizia”. Comincia così la denuncia di una stilista cagliaritana di 43 anni che da tempo ha lasciato l’Isola per cercare fortuna all’estero. Dopo un’esperienza in Inghilterra attualmente vive in Cambogia: è da qui che è iniziata la brutta disavventura che la Assorgia sta raccontando in questi giorni con alcuni post sulla sua pagina Facebook.
“Sfortunatamente in Cambogia, dove ho trovato una nuova patria, non esiste un’ambasciata italiana e per rinnovare il passaporto mi sono dovuta recare in Vietnam, a Ho Chi Minh City. Qui la notte tra il 5 e il 6 ottobre scorso sono stata aggredita in un locale da sconosciuti che mi hanno ferito con due bottiglie e preso a calci e pugni, strappato la t-shirt lasciandomi a seno nudo nella strada più popolata della città. Da qui il mio calvario: dall’ospedale ho chiamato prima l’Ambasciata italiana di Hanoi, la capitale del paese, dove mi hanno messo in contatto con la Console Carlotta Colli: l’ho supplicata di mandare una donna ad aiutarmi. Ero in stato di shock e con un terribile bisogno di supporto, ma nonostante me lo avessero promesso non si è presentato nessuno in ospedale”. Il giorno successivo all’aggressione, racconta Gemiliana Assorgia, gli uffici dell’ambasciata italiana avrebbero cercato di farle lasciare il Vietnam senza avere cure e giustizia.
“La Console mi ha ricevuta solo dopo 5 giorni e mi ha detto che era illegale viaggiare senza assicurazione; ha aggiunto poi che se non mi potevano aiutare i miei familiari non potevano farlo loro al Consolato. Mi informava inoltre che la polizia locale non avrebbe mai fatto nulla e perciò sarebbe stato meglio per me lasciare il paese immediatamente. Nulla di più falso – prosegue il racconto -. La polizia locale stava già indagando ma dal Consolato non hanno fatto niente per supportarmi realmente. Superficiali e indolenti, hanno persino scelto un traduttore che conosceva a malapena la nostra lingua ed ha sbagliato molti termini cruciali per procedere contro i miei aggressori”. Secondo la Assorgia, la console non prende sul serio la gravità della situazione ma insiste sull’incapacità delle forze dell’ordine locali di risolvere la situazione.
“Ho chiesto spiegazione all’Ambasciatrice Cecilia Piccioni chiedendole di controllare l’operato della console che con il suo atteggiamento irresponsabile stava mettendo a rischio i rapporti con il paese, ma mi ha di nuovo rimandato al Consolato come unica offerta di supporto. Da quando ho rifiutato di farmi rappresentare dal Consolato la serie di di abusi e torture psicologiche è lunghissima e ancora oggi, a distanza di tre mesi dall’aggressione, non ho avuto la possibilità di curarmi. Sono senza avvocato e senza cure, il mio passaporto è all’ufficio immigrazione e non posso ritirarlo. Anche l’ufficio assistenza cittadini all’estero e l’unità di crisi della Farnesina si rifiutano di intervenire”.
Ieri in serata è arrivata una nota dal Ministero degli Esteri che smentisce quanto dichiarato dalla cagliaritana, affermando invece che il Consolato Generale d’Italia a Ho Chi Min e l’Ambasciata d’Italia ad Hanoi, in stretto raccordo con la Farnesina, sarebbero da ottobre in quotidiano contatto con la signora Gemiliana Assorgia. “In seguito ad una colluttazione che ha coinvolto la signora Assorgia, la cui dinamica è in corso di accertamento da parte delle autorità vietnamite, il Consolato Generale – spiega la Farnesina – ha assistito la signora nella presentazione della denuncia e nella visita medica richiesta dalle autorità locali e anche con l’erogazione di un prestito”.
“Quanto alla questione della regolare permanenza della signora in Vietnam -prosegue la nota – le autorità diplomatiche italiane hanno sostituito prontamente il passaporto italiano in scadenza con un equivalente documento e le hanno offerto assistenza per rinnovare il visto vietnamita ormai scaduto. La signora però ad oggi non risulta aver pagato le normali spese amministrative del visto necessario alla permanenza nel paese asiatico. Il Consolato e l’Ambasciata – conclude la Farnesina – continuano a seguire il caso con la massima attenzione e sono in costante contatto sia con la signora Assorgia sia con le autorità locali operando per un positivo esito della vicenda”.
Francesca Mulas