Gli agenti penitenziari questa mattina hanno manifestato davanti al Consiglio regionale contro la chiusura delle carceri di Macomer e Iglesias. Anche i detenuti sono della stessa opinione: ad Iglesias nelle scorse settimane avevano raccolto numerose firme contro la chiusura. Della questione si discute già da tempo, e come spiegano i rappresentanti delle sigle sindacali Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Sinappe, Sappe e Fsa, nei giorni scorsi è arrivata la conferma durante la presentazione del circuito regionale dei penitenziari sardi. Iniziano a girare le prime date per la possibile chiusura: a gennaio, se da Roma arriva parere positivo sull’indulto, oppure febbraio-marzo.
Per Iglesias si tratta di un istituto con 115 detenuti di cui la maggior parte “sex offenders” o protetti e 50 agenti. Macomer registra numeri inferiori, con circa 30 ospiti, tra cui 13 persone condannate per reati legati al terrorismo islamico arrivate da Guantanamo sulla base degli accordi con gli Usa.
Alessandro Cara, Ugl: “Chiediamo alla Regione di intervenire per correggere questo percorso. Stiamo parlando, ad esempio a Iglesias, di strutture ben accette anche dal territorio per tutto ciò che la presenza di un carcere significa per l’indotto”. Una struttura da potenziare, non da dismettere. “Ci sono due capannoni – spiega Efisio Concas, Cgi – e tanto terreno: c’è spazio per tante attività, dalla vigna a un canile, che possano coinvolgere i detenuti”. In futuro, per quanto riguarda Iglesias (proclamato già lo stato di agitazione), è previsto un possibile trasferimento degli agenti a Is Arenas o nella nuova struttura di Uta. Ma le domande che i sindacati si pongono sono sostanzialmente due.
I dubbi riguardano innanzitutto la necessità di smantellare una struttura che garantisce buone condizioni di vivibilità con al massimo due ospiti per camera di detenzione. I rappresentanti dei lavoratori si chiedono anche perché, in tempi di spending review, si debba chiudere un istituto interessato recentemente da importanti interventi di restyling.
Sono state annunciate altre iniziative di protesta, la battaglia continua.