Bomba davanti a una casa a Torralba: dipendente di un caseificio nel mirino

Un ordigno piazzato davanti a casa. Così è stato messo a segno ieri sera a Torralba, in provincia di Sassari,  un attentato contro un dipendente di un caseificio del posto. Una bomba che poteva uccidere, ad alto potenziale, quella che è stata fatta esplodere a Torralba, davanti alla casa di Giovanni Murru, dipendente del caseificio dei fratelli Pinna di Thiesi, uno dei più importanti in Sardegna e al centro nei mesi scorsi delle proteste sulla vertenza per il prezzo del latte. L’esplosione, poco prima della mezzanotte, ha fatto saltare per aria il portoncino blindato dell’abitazione e ha distrutto tre auto parcheggiate in strada, nei pressi della casa. Subito dopo lo scoppio sul posto sono arrivati i vigili del fuoco, i carabinieri della compagnia di Bonorva e gli artificieri del Comando provinciale di Sassari, che hanno raccolto tutti gli elementi utili per cercare di risalire al tipo di ordigno utilizzato.

Murru, originario di Thiesi, al momento dell’attentato si trovava in casa con la moglie e solo per un caso fortuito nessuno dei due è rimasto ferito. La vittima dell’attentato ha dichiarato ai carabinieri di non avere nessuna idea sul motivo dell’atto intimidatorio e di non aver ricevuto minacce. L’uomo è uno dei dipendenti storici del caseificio Pinna: per l’azienda si occupa della raccolta del latte, a diretto contatto con i fornitori.

“Siamo esterrefatti davanti a un episodio di tale violenza. Il clima sulla vertenza latte si era finalmente rasserenato, anche grazie agli interventi della ministra Bellanova e all’impegno di tutti per trovare soluzioni strutturali. Non vorremmo che qualche esagitato, che non ha ben chiaro l’andamento dei fatti, avesse colpito un nostro collaboratore per mandare un messaggio a noi. Sarebbe assurdo e ingiustificato”. Giommaria Pinna, amministratore delegato del caseificio fratelli Pinna, commenta così l’attentato. Una intimidazione che gli stessi inquirenti non escludono possa essere legata proprio alla vertenza sul prezzo del latte e alle manifestazioni che nei primi mesi dell’anno videro i pastori mettere in atto blocchi stradali e assalti alle cisterne. Per quei fatti sono indagati 600 allevatori, molti dei quali già rinviati a processo.

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