ospedale oncologico businco

Associazioni contro la chiusura delle sale operatorie al Businco: “Le pazienti oncologiche non possono vivere anni di incertezza”

Diverse associazioni fanno muro per difendere il Businco di Cagliari rispetto ai progetti di ristrutturazione che, seppur necessari, sembrano anticipare una dismissione della struttura: “Le pazienti non sono disposte per i prossimi 2/3 anni a vivere nell’incertezza e ad accettare un piano che più che riorganizzare e ammodernare l’oncologico sembra preludere alla sua definitiva chiusura. Per chi aspira a cure mediche di qualità si profila un lungo periodo di emigrazione sanitaria e chi non ha i mezzi per affrontare le spese dovrà rassegnarsi al peggio”. Nove associazioni hanno incontrato il presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini, che ha garantito il suo impegno affinché i rappresentanti siano ascoltati il prima possibile dalla Commissione salute.

Il tema è l’annunciata chiusura delle sale operatorie dell’oncologico. A mobilitarsi sono state le associazioni Socialismo Diritti Riforme, Fidapa Cagliari, Komunque donne, Lilt, Cittadinanzattiva, Maipiusole contro il tumore, Salute donna, Sinergia femminile, Garante delle persone private della libertà. “Il Businco – spiegano – ha una storia di avanguardia nella senologia, nella ginecologia e nella terapia del dolore. Non può essere sacrificata per scopi non del tutto chiari. Riteniamo che le decisioni dell’Arnas Brotzu non possano essere unilaterali. Chiediamo il congelamento del progetto e non escludiamo di promuovere una manifestazione pubblica e di inviare un’informativa alla Procura della Repubblica”.

“Il trasferimento della Chirurgia toracica, di quella Ginecologica e, di fatto, la cancellazione della Sala operatoria destinata alla Terapia del dolore – aggiungono – comprometteranno il sistema delle cure del Nosocomio, considerato un presidio insostituibile. Insomma le problematiche delle Sale operatorie, nonostante le rassicurazioni dei dirigenti, non riguardano solo i Sanitari, investono pesantemente chi convive quotidianamente con un tumore e chi ha bisogno di essere presa in carico con le garanzie del rispetto dei livelli essenziali di assistenza e alla appropriatezza delle cure. Se oggi, com’è emerso, lo standard per l’intervento al seno è di 70 giorni nelle prossime settimane è destinato sicuramente a crescere con gravissime conseguenze”. Per concludere: “La situazione del Brotzu inoltre non sembra offrire tutte quelle garanzie che possano rassicurare le pazienti. Non possiamo dimenticare il grave episodio del black out che ha determinato un’emergenza di cui non si conoscono neppure le gravissime conseguenze. Abbiamo appreso notizie sconfortanti di pazienti trasferite da un presidio all’altro come pacchi postali, costringendole ancora una volta a subire gravi disagi e a vedere, in buona parte tramontato, il loro progetto di vita”.

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