“Occuparsi di criminalità organizzata, in questo caso sarda, non significa parlare male di un territorio. Al contrario, significa illuminare un problema, quindi essere semmai leali verso quel territorio”. Così Roberto Saviano in un video postato sui social, torna sulle polemiche scoppiate in Sardegna dopo un suo precedente intervento sulla rapina in Toscana contro due portavalori, per la quale si ipotizza la pista sarda. “Dopo aver caricato sul mio canale YouTube un video dove analizzavo la rapina a Livorno, probabilmente ad opera di organizzazioni sarde, mi sono arrivati come al solito commenti del tipo: ‘come ti permetti di parlare male della Sardegna, come ti permetti di parlare dei sardi?’- racconta lo scrittore napoletano-. E cosa dovrei fare? Non dire che sono bande sarde?”.
Prosegue Saviano: “Dovrei parlare di ‘ndrangheta e non dire che è calabrese? Parlare del riciclaggio della mafia a Milano, e non dire che c’entrano i lombardi e i milanesi? Che forma di omertà nazionalistica è questa?”. Ogni volta che si parla di crimine, “e la Sardegna gronda crimine, invece di intimidire verso l’omertà, si invita furbescamente a non diffamare: ‘Parla del mare azzurro, parla della caciotta, parla dell’arte che abbiamo’. Ma che c’entra questo? Bisogna invece raccontare un problema gigantesco”. Siccome la Sardegna criminale è riuscita, “dopo la stagione dei sequestri, a togliere ogni attenzione da sé – spiega Saviano – quando qualcuno ‘accende’, ecco il riflesso condizionato. Eppure sono decenni che le organizzazioni sarde rapinano portavalori, decenni che riciclano i soldi dei portavalori nella cocaina. Lo ribadisco: la Sardegna produce crimine, non mafia”. Chiude lo scrittore: “Diffidate da coloro che fingono di difendere la propria regione, il proprio territorio: come è pensabile che esistano ancora, in questo mondo delirante, persone che credono che raccontare il crimine di un territorio sia diffamare, e non salvare quel territorio?”.