I lavoratori Alcoa hanno deciso: il tempo dell’attesa è terminato. Ed è iniziata l’organizzazione dell’ennesimo viaggio a Roma: destinazione Palazzo Chigi dove, da alcune settimane, risiede l’ex viceministro del Ministero dello Sviluppo Economico Claudio De Vincenti, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che ha mantenuto la titolarità della gestione della delicata partita della cessione dell’unico stabilimento di alluminio primario italiano. Il messaggio, forte e univoco, scaturisce dall’assemblea generale convocata questo pomeriggio dalla RSU di fabbrica presso la sala convegni della miniera di Serbariu, in alternativa a quella della fabbrica perché inagibile. Un’assemblea infuocata e traboccante, tanto che una parte dei lavoratori diretti e degli appalti hanno dovuto ascoltare gli interventi che si sono succeduti dall’esterno della sala. Visi scuri e preoccupati tra i lavoratori che a stento trattengono l’ira per una vertenza che sembra non avere fine, dove gli interventi dai toni accesi confermano che la misura è colma. “Non sappiamo più niente su quello che succede in merito alla nostra vertenza”, urla Massimo Cara, delegato RSU CISL. “La famosa task force che doveva riunirsi periodicamente per monitorare l’andamento delle trattative non sappiamo più che fine ha fatto. Abbiamo l’impressione di essere di fronte a una grande messa in scena”. A oggi sono esattamente 12 mesi da quando un piccolo gruppo di lavoratori decise di montare la prima tenda davanti all’ingresso della fabbrica diventando quello che oggi è conosciuto come il presidio Alcoa. Da allora, a turno, gli operai, chi più chi meno, hanno assicurato la loro presenza in quelle tende, sotto il sole o col freddo, a ferragosto come a Natale e per il capodanno, sempre, per far capire che da quella fabbrica non sarebbe più uscito niente da quando la produzione è cessata. Ma c’è anche chi, quel presidio, vorrebbe spostarlo all’interno della fabbrica e, contemporaneamente, occupare sedi istituzionali e di partito, perché la protesta assuma davvero valenza nazionale.
“Il problema è politico”, spiega Roberto Forresu, segretario territoriale della Fiom. “L’accordo per la cessione della fabbrica è nuovamente messo in discussione ma la politica non fa la sua parte e questo è il motivo per cui non giungono più notizie, ma noi non possiamo più aspettare”. Ai lavoratori Alcoa non manca la fantasia quanto a manifestazioni singolari per attirare l’attenzione sulla loro vertenza, ed ecco che uno di loro propone di andare a visitare l’EXPO di Milano per denunciare la grave crisi che attanaglia la subregione del Sulcis Iglesiente. “Una zona”, afferma Roberto Puddu, segretario della Camera del Lavoro del Sulcis, “che quest’anno ha perso altri 3 mila posti. Una situazione insostenibile a cui bisogna porre rimedio immediatamente. Siamo al paradosso, aggiunge Puddu, che sia una multinazionale (la Glencore, interessata a rilevare lo stabilimento Alcoa, ndr) a sollecitare il Governo e la Regione affinchè si definisca la cessione della fabbrica. I sindacati, di fabbrica e territoriali, con i lavoratori, aggiunge ancora il sindacalista, hanno riposto piena fiducia nel Governo della Regione e in quello nazionale. Hanno atteso per sei lunghi mesi che la cessione si concrettizasse, tra promesse e buoni propositi. Ora il tempo dell’attesa è terminato. E anche la stessa Glencore potrebbe rivedere i suoi piani. Una eventualità che non possiamo accettare. E se non arriveranno presto notizie concrete, il presidio Alcoa si sposterà nei prati del palazzo di Viale Trento dove i caschetti e le trombe rincominceranno a far sentire il loro suono”.
Carlo Martinelli