Quirra, Falco Accame: “Nessun pericolo nei Poligoni? Affermazioni inaccettabili”

“Sono del tutto inaccettabili le dichiarazioni ufficiali secondo cui, a proposito dei poligoni, si afferma con certezza che non vi sono rischi e che di conseguenza non occorre adottare misure protettive per il personale. Per quanto concerne i poligoni della Sardegna, per oltre 50 anni il personale ha operato a mani nude e senza nemmeno una mascherina, per raccogliere bossolame e residuati bellici rimasti sul terreno dopo i bombardamenti. E per 50 anni non sono state effettuate bonifiche in profondità (per cui occorre effettuare un enorme movimento terra con tempi e spese ingentissime)”. Lo scrive Falco Accame, presidente dell’Anavafaf, Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle Forze armate e famiglie dei caduti. Accame, già ammiraglio della Marina italiana, ha commentato così i risultati della perizia depositata stamane in tribunale a Lanusei (leggi) nell’ambito del processo sul Poligono interforze di Quirra. Secondo l’esperto, nominato dal Gup Nicola Clivio, nell’area di Quirra non c’è alcun disastro ambientale. Di tutt’altro avviso Accame, che in particolare scrive: “Le affermazioni secondo cui in poligoni, come ad esempio quello di Salto di Quirra, sono stati eseguiti dei carotaggi in base ai quali si stabilisce che non vi è pericolo nel sottosuolo, sono del tutto inaccettabili”. 

E ancora: “In realtà esistono certamente rischi da nanoparticelle di metalli pesanti e non si possono in alcun modo escludere i rischi da uranio impoverito – scrive il presidente dell’Anavafaf -. Possono esservi migliaia di proiettili convenzionali o all’uranio, conficcati nel terreno a 1-2 o anche 5 metri di profondità, la cui presenza non è rilevabile con gli strumenti esistenti. Non a caso in Sardegna l’area del poligono di Teulada (area in cui sono stati sparati migliaia di proiettili navali ad altissimo potenziale esplosivo nel tiro contro-costa) è stata dichiarata non più bonificabile e permanentemente interdetta all’abitabilità. Ciò credo costituisca la prova più evidente dell’esistenza dei pericoli nell’area e le gravissime responsabilità per la mancata protezione del personale. Le affermazioni secondo cui in poligoni, come ad esempio quello di Salto di Quirra, sono stati eseguiti dei carotaggi in base ai quali si stabilisce che non vi è pericolo nel sottosuolo, sono del tutto inaccettabili. Basti pensare che per stabilire quanto sopra nel poligono di Salto di Quirra vennero prelevati tre secchielli di terra in base ai quali si decise sulle condizioni di salubrità di 13 mila ettari di terreno. Letteralmente grottesco!”

Inoltre, sempre secondo quanto riportato da Falco Accame, “altri rischi possono essersi verificati per impiego di missili come i Milan (ma non solo), che emanano radiazioni di torio e altri metalli radianti (soprattutto negli strumenti di guida). Quanto al fatto che l’uranio impoverito sia intrinsecamente non pericoloso, anche questa affermazione ha scarsissimo senso in quanto se le nanoparticelle emanate entrano nell’organismo (ad esempio per inalazione) possono agire come delle microschegge che possono direttamente danneggiare organi interni. Ciò d’altra parte è stato confermato ad esempio nel caso del capitano (ora colonnello) ruolo d’onore Carlo Calcagni (consulente della Commissione d’Inchiesta del Senato) da attente analisi fatte eseguire da Persomil, con le quali si riconosce che al suddetto ufficiale sono state prodotte direttamente le gravi lesioni al fegato, come confermato dallo stesso Colonnello nel corso di un’audizione della Commissione d’Inchiesta del Senato (17 novembre 2010) nella quale si legge che la Direzione generale per il personale in relazione al caso Calcagni gli “…ha concesso il distintivo d’onore di “ferito in servizio”, proprio perché le patologie sono state generate da schegge di bombe, sebbene nanoparticelle…”. E gli è stato riconosciuto anche lo status di “grande invalido” e di “vittima del dovere”. Occorre di conseguenza che vengano riviste tutte le inesatte affermazioni che sono state espresse in materia le quali possono indurre ad errate credenze il personale che ne viene a conoscenza”.

 

 

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