Abusi nella Chiesa, le prove di padre Paolo: “Io ricontattato 36 anni dopo”

Padre Paolo Contini, che ai suoi fedeli ha confessato gli abusi sessuali subiti quando aveva 14 anni ed era appena entrato nel seminario di Oristano, ha raccontato in due diverse interviste di avere le prove di quelle molestie.

Padre Paolo è oggi parroco di Ghilarza, Norbello e Abbasanta. “Ho già concesso il perdono a chi ha abusato di me, ma è giusto che l’azione giudiziaria vada avanti“. Due anni fa, quando venne ricontattato via WhatsApp dalla persona che abusò di lui, il prete ha portato le prove delle violenze al suo vescovo, quello di Oristano, mettendo in moto il Tribunale ecclesiastico, a cui poi si è aggiunto il lavoro della magistratura ordinaria.

Si tratta di un frate che tuttora fa parte della Chiesa e della Diocesi di Tempio Ampurias. “Trentasei anni dopo i fatti mi chiese di poter organizzare un evento religioso nella zona in cui io sono parroco”, ha raccontato padre Paolo a La Nuova Sardegna. Il don, dal canto suo, rispose al frate che la sua presenza non era gradita proprio per via degli abusi. Padre Paolo riferisce dello stupore del proprio interlocutore. “Con una certa spavalderia, si disse sorpreso perché io ricordassi ancora. Mi chiedo come sia possibile pensare che si possa dimenticare un episodio di questo tipo”.

Il giorno in cui venne contattato, in occasione della morte di sua madre, padre Paolo passò la notte a piangere e a stare male, ha raccontato il don a L’Unione Sarda. Però “rileggendo i messaggi – ha continuato il prete – mi sono reso conto di avere le prove di quanto avevo subito. Feci subito gli screenshot, alle 5.30 del mattino inviai tutto il materiale al mio vescovo, padre Roberto. Da trentasei anni non vedevo l’ora di inviare quei messaggi. Ma non per vendetta non l’ho mai odiato e non lo odio anzi lo perdono – ha aggiunto padre Paolo -, però voglio giustizia”.

La parte finale del racconto di padre Paolo è molto più di un atto di civiltà. “Il perdono è un percorso personale che non ti mantiene legato a doppio filo al male che ti hanno fatto. Io ho vissuto da uomo libero ma quel che è stato fatto è grave e ho sempre avuto un cruccio: può averlo fatto solo a me? Credo di no, ed ecco perché la mia denuncia è doverosa. Anche lui va aiutato ma va messo nella condizione di non nuocere”.

Quindi la preoccupazione finale, perché la dramma degli abusi nella Chiesa venga messo un freno. “Quando ho saputo che era stato mandato in una località balneare frequentata da bambini, ho ritenuto più importante andare avanti nella lotta per la giustizia, una battaglia per la Chiesa e la società civile: per simili reati dovrebbe esistere la decadenza”.

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