Primi anni del Novecento in Sardegna. L’obiettivo di Sander racconta l’Isola

Se è vero che il passato è strettamente correlato al futuro, essendo ormai prossimi all’inizio di un nuovo anno, l’opera di August Sander, fotografo tedesco di fama mondiale, tra i più noti nel panorama artistico e documentario del XX secolo, ci offre l’opportunità di indagare e riscoprire le peculiarità originarie della Sardegna, del suo popolo, delle sue tradizioni e della sua morfologia. Nato a Herdorf, in Germania, Sander ha intrapreso, nel 1927, un viaggio della durata di un mese alla scoperta dell’isola, alla quale dedicò più di 300 scatti fotografici. Nessun altro fotografo professionista del XX secolo realizzò mai una documentazione tanto rigorosa ed esaustiva di questo territorio.
L’origine di questo soggiorno si deve all’amico e scrittore coloniese Ludwig Mathar che aveva coltivato, fin dalla giovinezza, una profonda affinità con l’Italia, scenario ricorrente delle sue opere letterarie.

Attratto dal carattere primitivo incontaminato della Sardegna intendeva dedicare un libro, illustrato dalle fotografie di Sander, ai paesaggi inesplorati, agli stili di vita arcaici e alle vivaci tradizioni dell’isola. Da questa impresa nacque una documentazione fotografica di rara ricchezza, che occupa un posto singolare nell’opera di Sander trattandosi, peraltro, dell’unico soggiorno prolungato all’estero nella vita del fotografo. Seppur le immagini scattate non furono destinate alla prevista pubblicazione, poiché l’opera di Mathar non fu mai realizzata, queste fotografie offrono un’estesa panoramica degli ambienti sociali in cui Sander si è mosso, tratteggiando un quadro abbastanza completo delle condizioni di vita dell’epoca.

Nonostante le agitazioni sociali e i conflitti politici, che sarebbero sfociati nella crisi economica mondiale del ’29, il materiale fotografico trasmette l’impressione di una terra pacifica, in cui emerge il carattere tipico e tradizionale, cosi come gli aspetti culturali. Guidato da un’innata sensibilità Sander ha fotografato i vasti paesaggi, le città ed i centri abitati, chiese ed opere d’arte, castelli, fortezze e semplici abitazioni nonché la popolazione sarda con i suoi peculiari usi e costumi. In particolare la vita arcaica della popolazione locale, legata alla natura e alle tradizioni, furono per il fotografo motivo di grande interesse ed ispirazione.

In un testo dattiloscritto di Ludwig Mathar, conservato nell’August Sander Archiv, si legge: “Antichissimo è lo spirito di questo popolo. Il contadino ara ancora come ai tempi di Omero, con un ramo d’albero dalla forma uncinata. Che tutto possa restare così, a dispetto di treni e automobili, dighe e turbine!”
Sander, così come il suo compagno di viaggio, riteneva il legame con la terra e la natura una qualità fondamentale, perfettamente incarnata dalla figura del contadino, sulla quale si soffermò lungamente, senza tuttavia trascurare i ritratti di persone appartenenti a diverse classi sociali e professionali. Questa serie di lavori sarebbero stati successivamente inclusi nella sua opera più celebre: “Uomini del XX secolo”, una raccolta di oltre cento immagini che, suddivise in diverse sezioni, offrono una panoramica su uno spaccato della società del suo tempo non limitandosi a rappresentare personaggi famosi bensì uomini di tutte le età ed estrazioni, presentati in sette categorie: i contadini, gli abili commercianti, le donne, classi sociali e professioni, gli artisti, la città e gli Ultimi. Lo sguardo con cui Sander si è rivolto alla Sardegna si è innestato in quel contesto artistico e culturale della Germania del primo dopoguerra, noto come ‘Nuova Oggettività’, connotato da una riflessione attenta e minuziosa, capace di fissare l’elemento umano ma anche di descrivere il paesaggio al di fuori di un contesto emozionale, presentandolo con rigore e perizia, dando importanza ai dettagli di un ornamento così come ad un oggetto di uso quotidiano.

La scoperta dell’isola da parte di Sander si colloca all’interno di un lungo viaggio in Italia, in cui la Sardegna ha rappresentato senz’altro la meta più inconsueta, così imbrigliata nelle sue tradizioni: guardando oggi le fotografie realizzate durante questo soggiorno, quello che si impone ai nostri occhi è un mondo arcaico, premoderno che, nemmeno un secolo dopo, appare tanto irriconoscibile quanto profondamente e identitariamente radicato. Dall’osservazione dell’opera di Sander sorge duqnue spontanea una riflessione sull’uomo, sulla sua storia, sull’importanza delle proprie radici e questo cilo di immagini è carico di un potere che ci mette in contatto con una dimensione più istintiva, naturale e che riconosciamo ancestralmente, al punto di sembrarci appena sopita. “ll denominatore comune di tutte le foto è il tempo: tempo che scivola via tra le dita, fra gli occhi, il tempo delle cose, della gente, il tempo delle luci e delle emozioni, un tempo che non sarà mai più lo stesso.” (Jeanloup Sieff)

Gaia Dallera Ferrario
https://www.instagram.com/gaiafe/

 

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