Franco Pinna e quel ‘suo’ scatto in più. Da La Maddalena alla Dolce vita romana

In questo 2020 sono trascorsi 75 anni dalla nascita di uno tra i più rilevanti fotografi italiani dell’epoca moderna: Franco Pinna. Nato a La Maddalena, è stato uno dei principali rappresentanti del movimento del neorealismo e conquistò la fama internazionale grazie alle sue esperienze nell’ambito della fotografia antropologica, i suoi fotolibri, le straordinarie immagini della città di Roma negli anni 1952-1967, le indimenticabili fotografie di scena dei film di Federico Fellini, i reportage per le riviste Life, Stern, Sunday Times, Vogue, Paris Match, Epoca, L’Espresso e Panorama.

Esordì, all’inizio degli anni ’50, come reporter giornalista, attività che svolse in parallelo a un’intensa militanza nel Pci, fotografando manifestazioni e avvenimenti di rilievo sociale con metodi da blitzphotographie, facendo particolare riferimento ad alcune innovazioni tecnico-formali quali la sperimentazione nel colore, lo studio di un modulo fotodocumentario e l’uso del formato panoramico, per il quale si rivelò probabilmente il maggior specialista nazionale. Il lavoro di reporter militante lo indirizzò verso forme distaccate di analisi sociale e di costume, votate ad un’opera di denuncia civile, ma anche alla ricerca formale dell’autore, capace di alternare la poetica dell’istante a immagini isolate e sequenze paracinematografiche, in linea con una cura meticolosa nella resa di toni e degli equilibri compositivi.

Nonostante la stimolante vita romana, in Pinna esisteva un’attrazione viscerale per la Sardegna che lo spinse, negli anni 50-60, all’apice della maturità professionale, a recuperare il rapporto con la propria terra. Nel 1959 pubblicò il suo primo fotolibro, La Sila, con testi dell’amico, antropologo e filosofo Ernesto De Martino, a cui fece seguito, nel 1961, ‘Sardegna, una civiltà di pietra’, con un’introduzione a cura dello scrittore Giuseppe Dessì e le didascalie dell’antropologo Antonio Pigliaru.

Da Stintino a Nuoro, da Oristano a Cagliari, dal mare alla montagna, Pinna percorse l’isola in lungo e in largo, testimoniando le tracce di un passato ancora presente che coesisteva con i primi segni tangibili della modernizzazione. Le fotografie del professionista maddalenino seppero cogliere quella fase di transizione tra vecchio e nuovo mondo, in cui l’arcaica identità isolana testimoniava quel mondo obsoleto ma denso di principi e di valori che stava per cedere il passo all’odierna civiltà dei consumi e della comunicazione.

Dai reportage del 1961, i più importanti tra tutti quelli da lui realizzati nella sua terra d’origine, provengono quasi ottomila scatti, che confluirono parzialmente nel libro ‘L’isola del rimorso – Fotografie in Sardegna 1953-67’,
In quest’opera Franco Pinna ha raccontato la sua Sardegna come sardo e, al contempo, da forestiero, straniero. Nelle immagini coesistono infatti due dimensioni: quella antropologica, che Pinna ha imparato a cogliere andando a scuola da Ernesto De Martino, e la capacità di fissare un racconto, una storia, in un istante.

Parallelamente ai diversi viaggi in Sardegna l’attività romana del fotografo vide una rapida evoluzione e Pinna, sin dall’inizio degli anni ’50, iniziò a coltivare quel rapporto di fiducia e collaborazione che gli sarebbe valso la fama internazionale. Fu nel 1964 che la conoscenza con Fellini, già avviata al tempo de La strada (1952) e Le notti di Cabiria (1956), giunse a un passo decisivo, quando venne chiamato a sostituire il fotografo di set Giovanbattista Poletto, durante la lavorazione della pellicola Giulietta degli spiriti. Tra i due si stabilì una forte intesa che si protrasse per altri sette film (Tre passi nel delirio/Toby Dammit, Block-notes di un regista, Satyricon, I clowns, Roma, Amarcord, Casanova), permettendo a Pinna di vendere i suoi servizi ai più affermati rotocalchi del mondo e di dedicarsi quasi esclusivamente ai fotolibri derivati dai film.

Agli antipodi rispetto al frenetico paparazzo immortalato da La dolce vita, Pinna affrontò i set di Fellini sforzandosi di dare spessore concreto alle atmosfere oniriche e alle magiche, fugaci, visioni dell’universo felliniano.
Il sodalizio artistico venne suggellato nel 1977 con l’uscita del fotolibro Fellini’s Filme, che conseguì un notevole successo. Franco Pinna morì improvvisamente il 2 aprile del 1978, e Fellini fu il primo a vederne la salma.
Pinna fu un vero fotografo a tutto campo la cui opera è ad oggi viva grazie alla sua famiglia che non volle ascoltare la sua ultima, sconcertante, volontà: distruggere l’intero archivio delle sue fotografie.

Gaia Dallera Ferrario
https://www.gaiadellera.com

[Foto di Maurizio Bizzaccari]

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