La luce artificiale può essere letale, soprattutto per chi si orienta solo con la luna e le stelle. È quanto accade sempre più spesso alle tartarughe marine, in particolare alla specie Caretta caretta, che nidifica sulle coste italiane e sarde. Le femmine adulte, disturbate da spiagge illuminate in modo eccessivo e con tonalità fredde, evitano di deporre le uova. I piccoli appena nati, invece, disorientati dai lampioni o dalle insegne degli stabilimenti, finiscono per allontanarsi dal mare, spesso andando incontro a una morte certa.
A lanciare l’allarme è Legambiente, nell’ambito del progetto europeo Life Turtlenest, che ha elaborato le nuove Linee guida per la riduzione dell’inquinamento luminoso a tutela delle tartarughe marine. Un documento tecnico, pensato per amministrazioni pubbliche, Comuni e strutture turistiche, con l’obiettivo di mitigare l’impatto delle luci artificiali nei contesti costieri. Un intervento urgente, vista la progressiva colonizzazione del Mediterraneo occidentale da parte delle tartarughe marine, spinta dal surriscaldamento delle acque e dai cambiamenti climatici.
Il cuore del problema è culturale prima ancora che tecnico: “Anche dopo il tramonto – spiega Chiara Carucci, lighting designer e curatrice del documento – possiamo accogliere cittadini e visitatori rispettando gli ecosistemi costieri. Con queste Linee guida dimostriamo che progettare la notte con consapevolezza non è solo necessario: è una scelta vincente”. Le soluzioni suggerite sono semplici: limitare l’illuminazione notturna solo ai punti davvero necessari, usare lampade schermate con tonalità calde, orientare i fasci luminosi verso il basso e spegnere le luci in orari non utili.
Ma l’inquinamento luminoso non è solo un problema per la fauna: ha un costo economico enorme. Secondo una recente pubblicazione scientifica, The Ecological Economics of Light Pollution, si stima che a livello globale comporti una perdita di servizi ecosistemici pari al 3% del Pil mondiale. In Italia, il danno annuo è quantificato in circa 26 miliardi di euro. Un impatto invisibile agli occhi, ma tangibile per biodiversità, economia e salute.
In questo scenario, la Sardegna si distingue come esempio virtuoso. Sono già dieci i Comuni dell’Isola –San Teodoro, Domus de Maria, Baunei (tra l’altro premiati recentemente con le 5 Vele Legambiente e Touring Club), e poi Arzachena, Castelsardo, Sorso, Sant’Anna Arresi, La Maddalena, Badesi, Narbolia – ad aver firmato il protocollo Comuni amici delle tartarughe, promosso da Legambiente. Si tratta di una rete di amministrazioni che adottano misure concrete per ridurre le minacce ambientali e favorire la convivenza tra attività turistiche e tutela della fauna marina.
“La protezione delle tartarughe – spiega Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna – è un elemento chiave per valorizzare l’identità naturale delle nostre coste. Spiagge libere da rumori e luci inutili, raccolta manuale dei rifiuti e infrastrutture leggere sono scelte che rafforzano l’attrattività turistica in chiave sostenibile”. Il progetto Life Turtlenest introduce inoltre una novità scientifica: l’utilizzo di micro-trasmettitori satellitari applicati ai giovani esemplari di Caretta caretta. Una tecnologia che permette per la prima volta di tracciare con precisione le aree di crescita e alimentazione nel Mediterraneo occidentale, finora poco conosciute. “Non è solo ricerca – spiega Stefano Di Marco, coordinatore del progetto – è futuro operativo per la tutela della specie. Grazie a questi dati potremo pianificare azioni concrete e mirate, sia a terra che a mare”.