Matrici ambientali contaminate. E, in falda (quasi) un’intera tavola degli elementi, con inquinanti presenti in concentrazioni tali da far impallidire ogni limite di legge. I nuovi dati provenienti dal Piano di disinquinamento del Sulcis – Iglesiente Guspinese redatto da Arpas non possono che destare preoccupazione. Anche nel neo presidente Isde – Medici Sardegna Domenico Scanu. “Sulla cancerogenicità del cadmio o sugli effetti neurotossici dell’alluminio esiste una solida bibliografia”, spiega Scanu. E aggiunge: “Laddove gli inquinanti entrano in contatto tra loro, come in falda, viene a determinarsi una chimica complessa che aggiunge preoccupazione a preoccupazione”.
Un impatto sanitario conclamato
“Già lo studio S.e.n.t.i.e.r.i del 2011, studio epidemiologico condotto dall’Istituto Superiore di Sanità nei Siti di interesse nazionale per bonifica (S.I.N) ha denunciato un eccesso rispetto alla media regionale per le malattie respiratorie e il tumore al polmone, in entrambi i sessi, nell’area che comprende i comuni di Portoscuso, Carbonia, Gonnesa, San Giovanni Suergiu e Sant’Antioco”, ricorda il presidente Isde-Sardegna.
“È degno di nota, inoltre, l’eccesso significativo in entrambi i sessi dei ricoveri per asma infantile, che oscillano da +104% a +131% nei maschi e dal 50% al 92% nelle femmine”, precisa ancora Scanu, che ricorda anche i problemi dovuti all’eccessiva esposizione al piombo, altro metallo pesante presente a Portovesme e dintorni, in grado di determinare conseguenze patologiche anche di tipo non oncologico, come i danni dello sviluppo neuro-cognitivo e comportamentale) ad elevato costo sanitario e sociale. “Il metallo è stato riscontrato nella catena alimentare con livelli superiori ai limiti. Inoltre, un’indagine dell’Università di Cagliari ha misurato nei ragazzi concentrazioni ematiche superiori al livello di attenzione in vigore negli Stati Uniti (10 μg/dl), livello che, alla luce delle attuali conoscenze, probabilmente non garantisce la tutela della salute dei più piccoli”. “Sempre in relazione all’inquinamento da metalli, resta da approfondire l’aumento di rischio per le malattie dell’apparato urinario e per il tumore della vescica”.
Regione inefficace in campo sanitario, ma sostenitrice di interventi impattanti
Già, gli approfondimenti. Un’occasione è già stata persa nel 2014, quando l’aggiornamento dello studio dell’Istituto Superiore di Sanità non ha preso in considerazione il SIN del Sulcis Iglesiente Guspinese, vista l’assenza di un Registro tumori per l’area.
Ma di occasioni ne vengono perse tutti i giorni. “Dato l’impatto sanitario certificato da numerosi studi, la Regione dovrebbe attivare un programma di monitoraggio della popolazione sulcitana che includa quantomeno l’analisi del sangue, delle urine e il mineralogramma del capello per test sui metalli tossici”, attacca Scanu. Per il quale “l’inquinamento ambientale è questione etica prima ancora che epidemiologica o politica. Ecco perché il ritardo biblico tra le evidenze epidemiologiche che i medici procurano e le scelte politiche di chi amministra non è più tollerabile”.
“Alla mancanza di controlli e di politiche di prevenzione primaria si sommano, poi, le difficoltà del sistema sanitario sardo, oggi alle prese con una difficile riorganizzazione della rete ospedaliera e sanitaria territoriale mediante l’Azienda Tutela Salute Sardegna (ATS). Contestualmente i decisori politici sostengono progetti, come la nuova centrale a carbone e l’ampliamento del Bacino dei Fanghi Rossi a Portovesme, figli dell’ormai insostenibile concetto di economia lineare, che avranno pesanti ricadute negative sul piano della salute collettiva”.
La conclusione del presidente Isde è chiara: “Una efficace riorganizzazione sanitaria non può non tener conto dei determinanti della salute, ma troppo spesso il concetto di benessere di una comunità viene riferito alle condizioni socio economiche e non a quelle sanitarie che, invece, dovrebbero essere seriamente esaminate ogni qualvolta venga proposto un nuovo intervento in ambito industriale o energetico”.
La proposta di Isde
La proposta che consegue al ragionamento è altrettanto chiara: attuare il principio di precauzione, e dunque di politiche di prevenzione primaria attraverso la chiusura e la conversione in senso ecologico degli impianti gravemente contaminanti, implementare lo strumento della V.I.S. – Valutazione di Impatto Sanitario obbligatoria per tutti i progetti di sviluppo, infrastrutturale, industriale, energetico, provvedere a rapidi ed efficaci processi di bonifica dei territori attraverso il coinvolgimento attivo delle popolazioni. Garantire massima applicazione al principio “chi inquina paga”, assicurandosi che siano le stesse aziende responsabili della contaminazione a finanziare le bonifiche dei territori inquinati. Ultimo, ma non per ordine d’importanza: “Riformare radicalmente il sistema dei monitoraggi ambientali e sanitari, sottraendo le figure apicali degli enti di controllo a procedure di nomina politica e caratterizzandone le attività per trasparenza, indipendenza, efficacia e continuatività. Le risultanze di tali rilievi devono essere recepiti senza esitazione nella formulazione di politiche a tutela della salute pubblica”.
P. L.