Portovesme srl, braccio di ferro sulla discarica di Genna Luas

Il via libera all’ultimo sopralzo – il nono – di Genna Luas, la discarica che accoglie gli scarti di produzione della Portovesme srl, è arrivato il 23 novembre del 2016. Ma le nuove volumetrie stanno per esaurirsi. Sintomo del fatto che l’azienda del gruppo Glencore produce un ingente quantità di rifiuti (nonostante esista un piano per la loro riduzione). Anche perché gli impianti di Portovesme srl sono autorizzati a trattare grandi quantità di fumi d’acciaieria e altri rifiuti, pericolosi e non, da cui poi ottengono piombo e zinco, oro e argento.  Il punto, dunque, è che a Genna Luas l’emergenza è sempre dietro l’angolo e il bisogno di nuove autorizzazioni costante. Per questo motivo la società ha richiesto il via libera alla realizzazione di una nuova discarica (Genna Luas II).

La ‘schiarita’ sull’ultima emergenza è arrivata il primo agosto, dopo l’incontro tra l’a.d. della società Carlo Lolliri e il presidente della Regione Francesco Pigliaru. Fonti sindacali fanno filtrare che Viale Trento ha aperto al deposito preliminare sul nono argine della discarica – che è gestita sempre dalla Portovesme srl – garantendo l’abbancamento di una quantità di rifiuti sufficiente a dare sette-otto mesi di ‘respiro’ alla società. Quei rifiuti dovrebbero essere trasferiti, in un secondo momento, nella nuova discarica. La Regione, da parte sua, si limita a far sapere che una task force di funzionari sta valutando tutte le possibilità all’interno di aree già autorizzate. Intanto, la Provincia ha già dato il via libera allo stoccaggio di 25mila metri cubi di rifiuti in cima alla collina terrazzata che sorge tra Iglesias e Barega. Ma, secondo stime prudenziali, la nuova volumetria durerà meno di due mesi. Ecco perché si punta al deposito preliminare. Tutto liscio, dunque? Non si direbbe, visto che l’abbancamento di massicce quantità di rifiuti a Genna Luas era stato bocciato dalla Provincia del Sud Sardegna a fine giugno. Per ragioni di salute pubblica e tutela ambientale.

Iter lungo? No, le verifiche sono necessarie. Ma andiamo con ordine. Il progetto della nuova discarica (Genna Luas II) viene sottoposto a valutazione d’impatto ambientale all’inizio del 2016. In questo caso, però, non vale il refrain della burocrazia lumaca. Esistono seri motivi per cui il procedimento si è protratto fino ad oggi. Ad esempio, col pacchetto di integrazioni al progetto dello scorso 5 giugno (19 in tutto, per un totale di 34 punti critici), la Regione ha chiesto alla Portovesme srl di argomentare i superamenti dei limiti di legge per l’arsenico, il cadmio, lo zinco e il piombo nell’area degli scavi previsti per la nuova discarica (denunciati dalla società per la fissazione dei valori di fondo). Causa delle nuove richieste risultano essere anche le carenze riscontrate nella analisi compiute dalla società. In pratica, oggi occorre capire se la causa di quei superamenti è la composizione geochimica del sottosuolo o altro. Dunque, il sito su cui dovrebbe sorgere Genna Luas II è inidoneo, sino a prova contraria, ad ospitare una nuova discarica e potenzialmente soggetto ad attività di bonifica prima dell’inizio dei lavori.

L’aut aut della Portovesme srl. Certo è che l’ultima richiesta di integrazioni ha portato scompiglio. Infatti, il 6 giugno l’amministratore delegato della Portovesme srl prende carta e penna e scrive al presidente Pigliaru e all’amministratore straordinario della provincia del Sud Sardegna Giorgio Sanna. Il succo della comunicazione è questo: per effetto delle nuove integrazioni si verificherà uno slittamento rispetto a tempi già stretti. Pertanto si richiede l’emanazione di un’ordinanza che consenta l’abbancamento dei rifiuti nella discarica di Genna Luas (in aggiunta alle volumetrie autorizzate, ndr) o l’attivazione della procedura per la realizzazione del decimo argine. In caso contrario – spiega Lolliri – gli impianti di Portovesme (da cui arrivano i rifiuti) verranno chiusi, paventando serie ricadute occupazionali per i circa 1500 dipendenti, tra diretti e indotto.

La Provincia dice no. Insomma, c’è stato un aut aut e tuttora sembra essere in corso un braccio di ferro. Ritornando alla cronistoria dei fatti: a quel punto la Portovesme si rivolge alla Provincia del Sud Sardegna per ottenere l’ordinanza. Tecnicamente, la ragione in base alla quale Lolliri ne fa richiesta è proprio la salute pubblica, che “verrebbe compromessa dalle metalline e dai semilavorati stoccati negli stabilimenti di Portovesme”.
Ma la Provincia è di diverso avviso. Tanto è vero che, nel documento con cui nega l’ordinanza, Sanna scrive che “con l’installazione di opportuni accorgimenti è possibile limitare tutti i fenomeni causa di emissioni diffuse provenienti da materie prime e semilavorati”. Anzi, la Provincia ribalta la questione, precisando che “una quantità di rifiuti derivanti da almeno otto mesi di produzione (degli stabilimenti di Portovesme, ndr.) determinerebbe un sopralzo del materiale abbancato (a Genna Luas, ndr.) di entità tale da costituire grave pregiudizio per la salute pubblica e dell’ambiente a causa degli inevitabili fenomeni di dilavamento e dispersione eolica”.

Situazione in rapida evoluzione. Si approda all’oggi, con l’incontro del primo agosto. Per quanto sembri che l’orientamento della Regione sia quello di valutare, previe verifiche ambientali, l’abbancamento – in via preliminare – di una quantità di rifiuti simile a quella bloccata dalla Provincia, la situazione è in rapida evoluzione. Dunque occorre attendere. Certo è che, mutatis mutandis, il problema sollevato dalla Provincia rimane di stretta attualità.

“Rivedere la messa in sicurezza della falda a Portovesme”. Nella missiva inviata a Provincia e Regione firmata da Lolliri, c’è un altro passaggio su cui è interessante soffermarsi. È quello in cui l’a.d lega lo stop dello stabilimento alla necessità di rivedere l’intervento che prevede il riutilizzo delle acque derivanti dal Taf (trattamento acqua di falda, ndr) all’interno degli stabilimenti produttivi di Portovesme e ai problemi di tipo sanitario e ambientale che ne deriverebbero.
Il passaggio è scivoloso. Lolliri non dice che staccherà la spina al sistema di emungimento e trattamento dell’acqua di falda, ammesso che sia possibile farlo. Piuttosto, sembra chiedersi: “Se gli impianti non sono in marcia, come utilizzare quell’acqua?”. Tuttavia, rivisitare il progetto significa entrare nello spazio senza tempo dei tavoli tecnici (per quanto necessari), delle obiezioni, delle lungaggini e delle incertezze. Il punto è che quelle misure di messa in sicurezza evitano la propagazione a valle degli inquinanti. Pertanto sono irrinunciabili nell’ambito del faticoso processo di risanamento ambientale di Portovesme. E le istituzioni – dopo anni di nulla di fatto – non possono più permettersi di arretrare.

Insomma, Lolliri, più che fare scacco matto, difende gli stabilimenti di Portovesme e la discarica di Genna Luas tramite un arrocco, azionando le leve di cui dispone (gli occupati a cui da lavoro e le operazioni di messa in sicurezza, entro un certo limite). L’obiettivo è ottenere le nuove volumetrie a Genna Luas, evitando così di conferire i rifiuti nelle discariche del territorio regolarmente autorizzate. Anzi Lolliri sostiene che “non esiste la possibilità di smaltire altrove i rifiuti della Portovesme srl”. Ma anche in questo caso, la Provincia si mostrerà di diverso avviso.

Sforamenti nello stoccaggio col meccanismo dell’auto-deroga. Vista l’attuale situazione di emergenza, e considerando che nel novembre del 2016 la Portovesme srl è stata autorizzata ad abbancare ulteriori 247mila mc rispetto ai 2.015.000 concessi sino ad allora, si può dire che Genna Luas è cresciuta al ritmo di oltre 20mila metri cubi ogni 30 giorni (sono stime per difetto). Per questo motivo l’emergenza è strutturale. E la richiesta di autorizzazioni continua. Tuttavia, secondo quanto scrive l’Arpas, la Portovesme srl ha, almeno in un’occasione, superato le quote autorizzate dalla Provincia, concedendosi, essa stessa, una deroga ai vincoli imposti dall’Autorizzazione integrata ambientale.

Tutto accade nel corso di un’ispezione sul campo effettuata dall’agenzia regionale nel novembre 2016. Nel complesso, la visita ha esito positivo. Eccezion fatta per i rifiuti stoccati in discarica. Infatti, i dati relativi all’ultimo rilevamento volumetrico fornito dalla società il 28 novembre mostrano che la Portovesme srl ha abbancato 20mila mc in più di quelli autorizzati dalla Provincia nel luglio del 2014: 2.035.761 mc contro i 2.015.000 mc concessi. Per questo l’Arpas parla apertamente di superamenti non conformi all’Aia.
E pensare che, qualche mese prima, il nove settembre per l’esattezza, la Provincia aveva diffidato la società per non aver fornito una relazione, corredata da rilievi topografici, in grado di indicare dettagliatamente i quantitativi e i volumi stoccati.

Piero Loi

@piero_loi

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