“Non tutti ricorderanno la vicenda scandalosa legata alla costruzione, alla fine degli anni Novanta, del tratto della statale 131 fra Sanluri e Sardara. In corso d’opera nel sottomanto bitumoso erano state rovesciate oltre 700mila tonnellate di materiale di risulta con alte percentuali di mercurio, arsenico, cadmio e altri metalli pesanti provenienti dalla miniera d’oro della ‘Sardinia Gold Mining’, in territorio di Furtei”. Lo scrivono in una nota gli indipendentisti di Liberu, il movimento politico che fa capo a Pier Franco Devias. “Quel tratto di statale 131, realizzato dalla ‘Todini costruzioni generali spa’, con sede a Roma, fu inaugurato il 2 febbraio del 2002 dall’allora presidente della Regione, Mauro Pili, con l’allora responsabile dell’Anas Sardegna, Gavino Corazza. Già cinque anni dopo i liquami pieni di metalli pesanti e sostanze nocive cominciarono a infiltrarsi e a riversarsi nel terreno non impermeabilizzato ai lati della carreggiata, attaccando anche le strutture dei cavalcavia a causa della presenza di acido solforico e arsenopirite”.
Libe.r.u. ricorda che “la Procura della Repubblica di Cagliari accusa di traffico illecito di rifiuti il legale rappresentante della miniera, l’australiano Garry Johnston e Antonino Marcis, di Macomer, che si era aggiudicato il subappalto per la realizzazione della strada. Vengono indagati anche Aldo Serafini, della Todini spa, e il direttore dei lavori dell’Anas, Giorgio Carboni. Ad oggi la situazione è quella che vedete in queste immagini (sotto la photogallery di Libe.r.u.), con sostanze velenose e metalli pesanti che da anni continuano indisturbati a traboccare dalle pareti e finiscono direttamente nel terreno, scivolando poi nella direzione di falde acquifere e campi coltivati”.
Il movimento “intende denunciare l’incredibile gravità di questa situazione – si legge ancora nel comunicato stampa – e richiama alla propria responsabilità le autorità competenti e la classe politica regionale, chiedendo che ci siano interventi urgenti per rimettere in sicurezza l’area. Libe.r.u. auspica, altresì, che almeno questa volta a pagare le spese per la messa in sicurezza siano gli stessi responsabili di questo scempio ambientale e non, come al solito, le casse pubbliche. Attendiamo fiduciosi che l’assessorato all’Ambiente intervenga prontamente per spiegare in maniera dettagliata quale sia la gravità della situazione e per far conoscere ai cittadini quale sia l’effettiva situazione sanitaria dell’area”.