In Sardegna ci sono 170mila ettari di praterie di posidonia oceanica. Ma il 14 per cento (oltre 20mila ettari) risulta danneggiato. Colpa di ancoraggi irregolari, pesca a strascico, sviluppo costiero come costruzione di porti, dighe, barriere frangiflutti. E allora ecco la possibile rinascita: nel 2022 verranno messe a dimora 20.000 nuove piantine su una superficie di 1.000 metri quadrati. Ma l’obiettivo è molto più ambizioso: arrivare a quota un milione entro il 2030.
Il lavoro è già cominciato al largo della Penisola del Sinis, in collaborazione con l’Area marina protetta: l’intervento riguarda un’area di 350 metri quadrati dove troveranno spazio 7.000 nuove piantine. La seconda e terza fase partirà a breve: a Villasimius, su 250 metri quadrati, nell’Area marina protetta di Capo Carbonara, e Domus de Maria su altri 400 metri quadrati.
È la campagna lanciata dalla Fondazione Medsea, impegnata nella tutela e conservazione degli ecosistemi marini e costieri del Mediterraneo. Il ripopolamento della poseidonia “rientra in un progetto più ampio, chiamato ‘Una Foresta marina per salvare il Pianeta’” – spiega il presidente Alessio Satta. L’obiettivo dichiarato è intervenire “su almeno 5mila ettari di praterie degradate nel mar Mediterraneo entro il 2050. Per questo facciamo appello ad aziende, enti pubblici e privati e istituzioni che vogliono impegnarsi in progetti di sostenibilità ambientale sul lungo raggio per tutelare l’ambiente e in particolar modo il nostro prezioso mare”.
Proteggere le foreste marine è importante quanto difendere quelle terrestri: “Sono habitat di insediamento, riparo, nutrimento, area di riproduzione e sviluppo dei pesci, riducono erosione delle coste, assorbono Co2”, spiegano da Medsea. “Intervenire sulle praterie di posidonia oceanica danneggiate prima che sia emergenza è certamente il modo migliore per prevenirla. – chiarisce Francesca Frau, biologa marina di Medsea -, La perdita di posidonia è un danno immenso considerato che questa pianta cresce appena 1-2 centimentri all’anno. Il nostro lavoro consiste nel trovare l’area migliore per ricreare la foresta attraverso l’utilizzo di un drone subacqueo. Procediamo poi alla riforestazione e per cinque anni monitoriamo la crescita delle piantine”.