Al Ministero dell’Ambiente si discute delle bonifiche di Portovesme dal 2004, anno in cui hanno preso il via le conferenze dei servizi per il risanamento ambientale dell’area. Tra misure di messa in sicurezza d’emergenza (Mise) e operative (Miso), nel frattempo qualcosa è stato fatto. Inoltre, di recente, in alcune zone del polo industriale è stata avviata l’attività di rimozione del terreno contaminato (area ex Alumix) o si è ai nastri di partenza (Alcoa), stando a quanto affermato dal coordinatore del Piano Sulcis Tore Cherchi. Nel complesso, però, come mostrato da monitoraggi, studi e perizie, il livello degli inquinanti nelle varie matrici ambientali (acqua, terra, aria) è ancora elevatissimo. E non accenna a diminuire. Ecco perché si può dire che le bonifiche sono ancora un miraggio, qualcosa di là da venire.
In ordine di tempo, le ultime notizie sulle operazioni di risanamento ambientale di Portovesme e dintorni data 30 marzo 2017, quando le aziende del polo industriale, la Regione e il Ministero dell’Ambiente, sulla scorta di quanto decisio nella conferenza del 22 febbraio, hanno fatto il punto sul progetto della nuova barriera idraulica di messa in sicurezza della falda, abbinata a un impianto di trattamento delle acque contaminate, da realizzare lungo il perimetro del polo industriale. Un progetto interaziendale del costo di circa 13 milioni di euro (più 7 milioni l’anno per la gestione), stando al prospetto dell’intervento diffuso dal Ministero. C’è dunque una speranza per la martoriata falda di Portovesme? A dirlo saranno i monitoraggi futuri. Il patto tra aziende e istituzioni è comunque questo: le prime verranno sgravate dei costi di gestione del sistema idraulico dopo che i contaminanti torneranno al livello. Il risultato dovrà essere confermato nell’arco di tre anni.
Di certo c’è che a Porto Torres i risultati di un’analogo intervento non sono stati soddisfacenti. Anzi, a causa del cattivo funzionamento del sistema idraulico e dell’impianto di trattamento, tre dirigenti Syndial sono stati condannati in primo grado per l’aggravio delle già disastrate condizioni ambientali.
Tornando a Portovesme, il problema è che le cinque sorelle (Portovesme srl, Alcoa, Eurallumina, Enel e Ligestra) non trovano l’accordo per la ripartizione dei costi dell’opera di barrieramento, peraltro contenuti. Al momento, la formula di cui si discute prevede una quota fissa per azienda, determinata sulla base dell’impatto ambientale delle singole attività, cui va aggiunta una percentuale calcolata sulla base di un algoritmo la cui elaborazione è stata affidata alle stesse aziende.
I problemi legati alla ripartizione dei costi erano già emersi nel corso della riunione del 10 gennaio 2017, cinque mesi fa, quando le aziende, pur condividendo in linea di massima la proposta di Ministero e Regione, avevano mostrato perplessità sulle quote fisse. E si sono ripresentati il 30 marzo, quando è apparso chiaro – così si trova scritto nel verbale dell’incontro – che l’algoritmo che avrebbe dovuto mettere tutti d’accordo non era stato ancora elaborato. Nel frattempo le aziende dovranno fornire i dati relativi ai contaminanti. E dell’algoritmo se ne riparlerà a fine giugno.
P. L.