Eurallumina, ambientalisti Grig: “La Regione faccia un passo”

Perché ancora questa produzione di alluminio inquinante e costosa? Se lo chiede Stefano Deliperi del Gruppo d’Intervento giuridico in una nota apparsa sul Manifesto sardo a poche settimane dal via libera della Regione (con prescrizioni, non ancora rese note, ndr.) al “progetto di ammodernamento della raffineria di allumina di Portovesme” presentato dall’Eurallumina. Si tratta di una serie di interventi che comprendono la realizzazione di una nuova centrale a carbone e l’ampliamento del bacino dei fanghi rossi. “Realizzabili –  nota il Grig – solo nel caso in cui la magistratura provveda al completo dissequestro del bacino (e non si hanno notizie in tal senso, ndr) e la proprietaria United Company Rusal Limited affronti i necessari investimenti.

“Centinaia, migliaia di lavoratori hanno salutato con soddisfazione l’evento, ma i polmoni degli abitanti di Portoscuso e dei centri vicini, compresi quelli dei lavoratori e dei loro figli, sono invece molto meno contenti”, scrive Deliperi nel constatare che con gli interventi previsti dal piano dell’Eurallumina “potrebbe aumentare il già pesante livello d’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo registrato nell’area”. Insomma, a rimetterci sono sempre l’ambiente e la salute.

“Al contrario, Portoscuso e dintorni – continua Deliperi –  avrebbero bisogno di ben altro: “La zona, infatti, rientra nel sito di interesse nazionale per bonifica (S.i.n), siamo dunque di fronte a un’area in cui i carichi ambientali devono diminuire anziché aumentare“. “Anche perché la situazione è già al collasso – argomenta il giurista -,  come dimostrano le numerose ordinanze con cui il comune di Portoscuso  ha imposto il divieto di consumare e commercializzare i prodotti del territorio”.

Per di più, già nel 2008 l’Università di Cagliari affermò chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuti ai valori di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per decilitro.

Preoccupanti sono anche i risultati dello studio epidemiologico del Rapporto S.e.n.t.i.e.r.i pubblicato nel 2012, che ha evidenziato la presenza di un “rischio osservato di circa 500 volte l’atteso per tumore della pleura fra i lavoratori del settore piombo-zinco, un incremento di mortalità per tumore del pancreas fra i lavoratori del settore alluminio (Alcoa), mentre fra i produttori di allumina dalla bauxite (Eurallumina) la mortalità per tumore del pancreas e per malattie dell’apparato urinario è risultata in eccesso”.

Inoltre, “a fronte di un eccesso di energia prodotta in Sardegna rispetto al fabbisogno, non emerge la necessità di nuovi impianti”, prosegue il Grig. Il progetto dell’Eurallumina prevede, infatti, la realizzazione di una nuova centrale a carbone, “foriera di ulteriori emissioni di CO2 e di altri elementi non favorevoli al miglioramento qualitativo dell’aria e delle altre componenti ambientali, con indubbi riflessi sulla salute pubblica”, si legge nella nota.

Insomma, si insiste con la produzione di allumina da bauxite, “nonostante esistano le alternative. L’alluminio, infatti, è materiale completamente riciclabile e riutilizzabile all’infinito per la produzione di oggetti anche sempre differenti.  E l’Italia (insieme alla Germania) è oggi il terzo Paese al mondo per la produzione di alluminio riciclato, dopo gli Stati Uniti e il Giappone. Perché, allora, non puntare a Portovesme su un polo per il riciclo? “Una simile scelta, spiega Deliperi, porterebbe a una riduzione del 95% dell’energia necessaria a produrre l’alluminio da bauxite. In questo modo si abbatterebbero anche le emissioni inquinanti. E si smetterebbe di buttare via soldi pubblici per iniziative industriali ormai fuori dal tempo”.

 

 

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