Il Consiglio di Stato salva lepri e pernici: stop alla caccia

Il Consiglio di Stato blocca il calendario venatorio programmato dalla Regione autonoma della Sardegna per la caccia a lepri e pernici: la richiesta di sospendere l’ordinanza del Tar Sardegna che di fatto metteva uno stop alla caccia alla lepre sarda e alla pernice sarda è stata respinta ieri dal presidente della III Sezione del Consiglio di Stato.
La motivazione è chiara: “in questa sede, l’interesse pubblico alla protezione del patrimonio faunistico e alla salvaguardia della sostenibilità biologica del prelievo venatorio prevale su quello, di cui la Regione appellante è portatrice, di consentire giornate di prelievo venatorio per alcune specie su cui appunto l’Ispra ha espresso avviso negativo”
La discussione in sede collegiale è stata fissata per la camera di consiglio del 18 ottobre 2018, a stagione venatoria conclusa per le due specie di fauna selvatica. Lepri sarde e pernici sarde sono quindi salve per il secondo anno di seguito.
La dura battaglia legale condotta dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus (GrIG), Lega per l’Abolizione della Caccia (Lac), Lega Anti-Vivisezione (Lav), Wwf, Lega Italiana Protezione Uccelli Lipu – BirdLife Italia, grazie all’avvocato Carlo Augusto Melis Costa del Foro di Cagliari, ha avuto pieno successo.
Il provvedimento sospeso, prevedeva per le due giornate di caccia previste (30 settembre e 7 ottobre 2018) un  “carniere” potenziale complessivo di ben 71.974 lepri sarde e 143.948 pernici sarde per i 36mila cacciatori autorizzati alla caccia in Sardegna secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili (il piano faunistico-venatorio della Sardegna è in corso di approvazione).
La caccia alla lepre e alla pernice sarda, come ricordano le associazioni ecologiste, è stata autorizzata nonostante la consistenza delle rispettive popolazioni nonsiano puntualmente conosciute, pur definite “tendenti alla diminuzione” dallo stesso Piano faunistico-venatorio isolano.

Non solo. L’Ispra, istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha fornito il suo parere in merito alla proposta di calendario venatorio regionale sardo 2018-2019 e ha chiesto esplicitamente la chiusura della caccia alla Lepre sarda e alla Pernice sarda in assenza di censimenti relativi alle popolazioni esistenti nell’Isola.

Analoga richiesta per le medesime motivazioni ha fatto l’Ispra per il coniglio selvatico, oggetto di un assurdo “carniere” potenziale (5 capi abbattibili per ogni cacciatore) di 179.935 Conigli, ma non è stata oggetto di provvedimento sospensivo.
Si è riproposta, quindi, la medesima situazione dichiarata illegittima dal T.A.R. Sardegna per l’anno precedente: a oggi, infatti, non esiste alcun censimento delle popolazioni esistenti di pernice sarda e di lepre sarda, come pacificamente ammesso dalla stessa Regione autonoma della Sardegna lo scorso 19 luglio. Esistono solo una “relazione preliminare” e una deliberazione che individua “linee guida” per i futuri censimenti faunistici.

“Nessun censimento, se non quello evidentemente forse esistente nella mente dell’Assessore regionale della difesa dell’ambiente Donatella Emma Ignazia Spano, che ha promulgato il calendario venatorio – commenta Stefano Deliperi, presidente del Grig – Gruppo di intervento giuridico. – Il Consiglio di Stato e il T.A.R. Sardegna hanno pesantemente censurato l’operato del suo Assessorato e decenza istituzionale vorrebbe che si dimettesse. Ricordiamo che il principio fondamentale stabilito dalla legge nazionale, in attuazione dei princìpi delle norme europee ed internazionali, è ‘la conservazione della fauna selvatica’ che è considerata ‘patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale’. I calendari venatori devono attenersi rigorosamente al principio di precauzione che subordina l’attività venatoria alla conservazione delle specie faunistiche”.

“Può un calendario venatorio costituire una cambiale in bianco per le specie faunistiche? – si chiede infine Deliperi. – Questa è la domanda fondamentale a cui i Giudici amministrativi di primo grado e di appello hanno dovuto rispondere. E in sede cautelare hanno risposto in modo netto e chiaro: no”.

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